domenica 3 dicembre 2017

Letture



"L'occhio e il Mirino" 
 Edizioni L'Arcolaio 2013



C'è un assaggio di Nirvana, nella levità profonda del discorso poetico di Fosca Massucco; una rivelazione che non si impone ma guida il lettore con ampie scintille di luce verso la consapevolezza di una immanenza che rimanda al Tutto.
Leggendo “L'occhio e il mirino” il pensiero corre a Schopenauer, al Velo di Maya che separa questo “universo angusto” dalla verità del Noumeno cui l'uomo tende a ricongiungersi e che deve arrivare a scoprire tramite un iter salvifico che passa per le vie dell'Arte giungendo all'Ascesi.
E qui l'arte si esprime nella finalmente ritrovata armonia tra forma e sostanza in un dettato luminoso e illuminante fondato nel giusto equilibrio fra “langue” e “parole”.
“Si può affermare che il discorso poetico abiti ancora il cuore del Moderno?” Quando Giorgio Linguaglossa poneva questa questione, la Casa Editrice L'Arcolaio non aveva ancora pubblicato “L'occhio e il mirino” di Fosca Massucco. Oggi possiamo rispondere: Sì, perché i poeti esistono. Sì, perché la poesia è un sentire che vuole essere detto, condiviso e compreso, è dentro il quotidiano del poeta:

“Io mi incanto anche nel niente, non mi serve un motivo
per volare – poi atterro veloce. Ci sono panni e pannolini,
minestre e cure che mi tengono occupata,
non è facile il mestiere del poeta al giorno d'oggi”

E non occorre nascondersi dietro cerebralismi falso-intellettuali quando è chiaro ciò che si ha da dire. Il verso è già nell'aria, non resta che accoglierlo e renderlo con un gesto istintivo, naturale.
A scrivere poesie siamo in tanti, ma i veri poeti sono pochi. È questa la vera questione, a mio avviso.
La crisi nella quale versa la poesia moderna è dovuta ad una eccedenza con conseguente eccesso di meri esercizi stilistici votati all'auto-compiacimento di chi non ha niente da dire e deve nascondere quel niente dietro un muro di lessemi deflorati.
Il poeta, quello vero, ci mostra l'infinito con un gesto semplice: apre “l'acqua del giardino in controluce” e fa l'arcobaleno.



2 di 4 - Pomeriggio


La rosa rampicante, ad esempio, non rispose più
inchiodata dal sole, fiorita di pidocchi;
nemmeno una lumaca passò indenne
sul marciapiede della bignonia in rigoglio,
secca nel prato la rigettò un calcio.

Non salvai nessuno,
la rosa, la lumaca - neppure la lucertola 
sgranocchiata impassibile dal gatto - 
accolsi quello sterminio di universo angusto;
quando cercai un arcobaleno a forzare i tempi,
aprii l'acqua del giardino in controluce.






Maria Grazia Di Biagio

Nessun commento:

Posta un commento