Premio Viareggio Repaci 2004
E’ una strana vicenda
poetica la mia. Scrissi le prime poesie in un ospedale psichiatrico. Scrivevo e
strappavo. Trasformavo in versi tutto ciò che mi accadeva, pensavo o percepivo.
[…]
Non stavo meglio
scrivendo, anzi… Per anni comunque non potei fare a meno di annotare idee e
sensazioni e di rincorrere forsennatamente le immagini che mi nascevano da
dentro e m’inseguivano come fantasmi. Era come se dovessi purificare il mio
corpo da un accumulo di scorie ingombranti, ma non volevo che quelle scorie andassero
a finire nelle mani di qualcuno, non mi piaceva essere compatita.
Quando poi i manicomi
sono stati chiusi e sono stata riconsegnata a me stessa (con tutte le
difficoltà che si possono immaginare), ho ripreso a scrivere. Intanto avevo
fatto molte letture, di poeti soprattutto, e sentivo che i miei versi non erano
peregrini e che avevo voglia di farmi leggere. Così inviai un mannello di composizioni
ad Andrea Zanzotto e a Geno Pampaloni. Le risposte furono immediate: Zanzotto,
con due cartoline postali, mi parlò di “consapevolezza autentica, di grande
poesia” […] Pampaloni sottolineò “la musicalità… il senso acuto del paesaggio,
la malinconia di fondo che non arriva alla disperazione”[…] Diceva: “E’ poesia
alta, una sorpresa che sconcerta ed esalta” e mi segnalò a Enzo Siciliano, a
cui le poesie piacquero moltissimo al punto che mi affidò a Sandro Veronesi per
farmele ospitare su “Nuovi Argomenti”. Ecco uno stralcio della lettera di Enzo
Siciliano: “Sono versi talmente belli che avrei voluto scriverli io. Siamo alla
vertigine lirica, al ritmo di una samba diabolica e innocente” ed ecco uno
stralcio della lettera di Veronesi: “La ringrazio di averci inviato i suoi
‘brevi lamenti’, che abbiamo apprezzato. Li pubblicheremo (forse non tutto ciò
che ha inviato, ma quasi)”.
Ancora aspetto che le
mie poesie escano su “Nuovi Argomenti” e che la casa editrice alla quale
Zanzotto mi aveva affidato mi editi in volume. […]
Dopo la pubblicazione di questo primo libro e di un secondo
dal titolo “Evitare il contatto con la luce” sempre con Lepisma, Maria Marchesi
ha fatto perdere le sue tracce. Sappiamo che è morta qualche anno fa.
*
Fu quando apersi gli occhi e vidi l’alba
e conobbi il principio dell’azione
che vidi il mio corpo in agonia
e l’anima separata dai miei occhi.
Mi soccorse la parola, la sola ombra
che ha sangue e carne,
mi dette la pietà che occorreva.
*
Sempre più cieca arranco
tra decoro e audacia, provo
a districarmi dal consenso
per trovare un appiglio e dirmi addio.
Non ho possibilità di redenzione,
la morte mi troverà affacciata al balcone
degli inganni e la tristezza
avrà la faccia della tua sconfitta.
Sospeso è il passo verso l’inferno, piove
da secoli un dolce delirio morto.
*
Nell’istante in cui l’essere mi frana
e si distorce in abbagli avvizziti,
nel pallido nulla inconsistente, io vedo
me distesa in un lenzuolo, rosso di sangue,
che si restringe e geme.
So di avere perduto il paradiso,
d’essere entrata nell’oppio del passato
che si traveste in scaglie minute
e diventa aghi perforanti.
Quale la distanza tra me e la pietra,
tra me e il pino su cui canta il cielo
cieco di arse pupille? Sono oltre la morte,
oltre il dilaniarsi degli eventi.
*
E’ offesa la carne, la pelle,
gli occhi, le mani. E’ offesa
la mia anima che ha trovato
calcare e grumi di tempesta e morte
nel suo giardino di chimere. Un fiotto
di larve si spampana per l’aria,
una parte di me ancora combatte
per non cadere nel logoro dondolare
del non dolore,
del non esistere esistendo.
*
M’inseguono camini accesi querce
con occhi gialli. Oche deformi
in posa per la foto ricordo.
Un improvviso roteare di lame
un sibilo di sfere di nuovo conio,
aspidi morti che cadono dal cielo.
Imprecisati luoghi dove s’arenano
uragani dispersi, lucciole
addestrate al combattimento.
*
So che il dolore in parole è appena
un venticello di stracci, murene nell’acquario.
Ma io sono stata morta per troppi anni e adesso
sono oltre la velleità del dolore e oltre la comprensione
che sillabe su sillabe possano dare.
Il mio scrivere è soltanto un buio errare
tra funeste stazioni diroccate, tra binari spenti
che tracciano disegni angusti, stenti
ricoveri di stelle cadute nelle pozzanghere.
3 commenti:
Poesia immensa.E penso quanto questo mondo letterario sia falso e distratto,quanto conti la visibilità mediatica al di là di ogni valore intrinseco. La pur brava Alda Merini se non fosse stata sdoganata dal Maurizio Costanzo Show, starebbe ancora nell'ombra del suo Naviglio.
Hai colto perfettamente nel segno, Anna Maria. Grazie per il tuo intervento.
Concordo. Maria Marchesi è vera e intensa, i suoi versi colpiscono e scuotono profondamente. Anch'io la preferisco ad Alda Merini.
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