martedì 15 marzo 2016

Marco Tornar


MARCO TORNAR  (al secolo Enrico Ciancetti) era nato a Pescara nel 1960.
E’ morto a Pescara, colto da improvviso malore, l’8 febbraio 2015
Aveva dato alle stampe le raccolte di poesia Segni naturali (Bastogi, Foggia 1983); La scelta (Jaca Book, Milano 1996); Sonetti d’amor sacro (Tabula Fati, 2014), le prose Rituali marginali (Bastogi, Foggia 1985), Errando di notte in luoghi solitari (Quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme 2000); i romanzi Niente più che l’amore (Sperling & Kupfer, Milano 2004), Claire Clermont (Solfanelli, 2010), Nello specchio di Mabel (Tracce, 2011), Lo splendore dell’aquila nell’oro. L’Italia di Enrico Vii di Lussemburgo (Tabula Fati, 2014), il monologo drammatico Allegra per sempre (Tabula Fati, 2011). Aveva curato l’antologia di poesia italiana La furia di Pegaso (Archinto, Milano 1996) e tradotto opere di Francesca Alexander, Henry James, Vernon Lee, Kate Field in qualità di studioso appassionato degli scrittori romantici inglesi in Italia; esperto di arte aveva curato alcune monografie su pittori dimenticati tra i quali Friedrich Overbeck.

ZAFRAN

Dà una vertigine pensare a quando
tra i sei petali violetti le antere
anelano gli stimmi per poter
liberare il polline e di rimando

un leggero brivido – e mi domando
se lo senti anche tu – prende a
percorrere
il femminile del fiore, per schiudere
l’intimità deliziosa…Sì amando

così ti vorrei avere tra le braccia
ogni notte, segreta mia Z. sola
quintessenza dei sapori di Persia

e abruzzesi: ormai niente più scaccia
dalla mente il profumo di poesia
d’un fiore più dolce d’ogni parola…


DEDICA

Dei nostri incontri non parlerò a nessuno.
Né alle streghe né al vento
né a questi anni pieni di luce e di pazzia.
Nessun colore imbratterà quel bianco
dove ci siamo conosciuti, con gli occhi lieti
e la semplice magia di tutti i sogni. «Ma qui vicino
c’era la sorgente dell’acqua…». Ogni lanterna
sarà la nostra casa, la nostalgia che assiste
come fiocchi di neve
il silenzioso ferirsi della goccia sul viso. E nella casa
ho visto nello specchio una candela
la melodia che sale, il vino, quei profili di porpora
che guardano lontano
verso vangeli sconosciuti, un’amicizia.
Poi, le mille strade di un mattino.
Come quando, colmi di affetto e di tristezza,
stringendo in mano un segno della vita
camminiamo sotto altari di pioggia
mentre appare, dal niente, una parola.


 IL MIO PRESEPE

Sarebbe meglio che la mangiatoia
la disponessi un poco più all’interno
perché almeno il Bambino, con l’inferno
di oggi, stia tranquillo, né la noia
lo assalga, ma senta con quanta gioia
vegliano il Bue e l’Asinello l’eterno
spettacolo, nel cuore dell’inverno,
lodato dagli Angeli e da Maria,
attualmente preoccupata da tanti
laicistici ardori, anche se crepe
più gravi risana sempre il Suo amore…
Però di certo non metto le pecore:
già troppe quelle in giro, predicanti
che è passato di moda anche il presepe.


AVE MARIA

Ave Maria così piena di grazia
che al solo vederTi traboccherebbe
d’infinita gioia il cuore – e sarebbe
per il mondo l’unica garanzia –
sei per noi tutti la supremazia
di quel che mente umana fallirebbe
a tradurre in parole, si direbbe
la vera luce che non vada via
quando cala la notte: non pretendo
nulla nell’invocarti con fervore,
nemmeno l’amore di lei, fai tu…
Ma accoglimi, ti prego, per favore,
quando col corpo non ci sarò più,
se già col solo esistere ti offendo.


Ricordare Marco per chi l’ha conosciuto è difficile, è parlare di un destino che ci lega tutti, di vita e di morte, di un darsi appassionato e senza mezzi termini con una curiosità avida e vibratile che esplode improvvisa col riso, con l’amarezza, nel bel mezzo di una frase -  Marco era la festa della vita che celebrava con gli altri, la vita essendo una condivisione forte, irreprimibile, che fa perfino soffrire e rammaricare, ma è: e tutto si racchiude in un istante come nella corolla di un fiore prima del crepuscolo- 
il sorriso di Marco è un momento di abbandono una sospensione dalla continua tensione con cui incontrava il mondo - l’urgenza con cui cercava di comprenderlo, la consapevolezza con cui l’affrontava, la delusione e la rabbia con cui lo criticava istigandolo quasi a colpire, incitandolo a non sottrarsi mai - questo suo essere in tensione col mondo mostra una particolarità che era costituita dalla sua eccessiva sensibilità interiore, che ora sappiamo era il sentimento della poesia (una ineffabile Stimmung, avrebbe detto Rita Ciprelli) e forse questo è per noi il senso stesso della poesia, il sorriso con cui Marco ci osservava e continua ancora oggi ad osservarci -
questa mostra è dunque un omaggio a Marco ma anche a tutti i poeti, alla loro sensibilità, alla loro marginalità -
Marco simbolo di rabbia dolorosa di un esilio che si paga non solo nell’esistere ma anche nella società, quando uno stato di illegalità diffusa ci circonda, e l’inganno del migliore amico ne diventa quasi un corollario – immoralità ipocrita connivente silente condivisa –
Marco, il simbolo di una speranza – di un mondo migliore per il quale bisogna sperare e lottare ogni giorno – un mondo forse in cui per essere felici non occorra più la poesia –


(Massimo Pamio)


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