sabato 9 aprile 2016

William Cerritelli


FRAGILE ROCCIA
Tabula Fati 2016

Prefazione di Lucia Vaccarella
Postfazione di Franco Pasquale


(dalla quarta di copertina)

     Una raccolta di poesie che riunisce le emozioni di dieci anni, emerse viaggiando per il mondo in compagnia dei sentimenti.
      Le speranze, e certamente anche le illusioni, di una vita vissuta alla luce di una utopia per la quale vale la pena continuare a vivere e battersi, anche se la luce è fioca, se le false primavere hanno soffocato l’entusiasmo, se il cuore è stanco e provato.
     
      La poesia è vissuta quale tempo sospeso, perduto e ritrovato, un sommesso rapimento melanconico, una carezza per sé stesso, una consolazione per le insufficienze dell’esistere, un conforto al proprio malessere per un mondo che il poeta sente molto diverso da quello per cui ha sperato e militato in politica, la narrazione infine, di una visione e di una speranza. È un percorso a ritroso nel tempo, lungo la storia di chi voleva un mondo diverso, ed oggi lo sogna ancora, ma ha guadagnato la coscienza dell’utopia.
      
 Marco Solfanelli


 C’è in questi versi come un’eco prolungata di illusioni che si stemperano, come tutto il resto, nel fluire del tempo. E sono poche le cose che hanno composto queste illusioni, così lontane dalle illusioni mitologiche di un Leopardi: l’amore, l’impegno, una più salda visione della vita e della storia. La poesia di William Cerritelli vuole essere dunque l’ombra di quel piccolo nucleo di speranze, un’ombra che si è allungata fino a sparire nella sera della vita. Questo se si rimane alla superficie del testo, perché in profondità si muove un complesso magmatico di sentimenti (e qui sono certo più i sentimenti che i concetti a prevalere sullo smarrimento) ben rappresentato dalla presenza quasi ossessiva di  termini che rimandano al campo semantico dell’ascolto, della vibrazione della parola: suono, musica, canzone, canto, grido, udire, ascoltare. Una parola che per essere stata così intensa da esprimersi in frequenza sonora, si è poi asciugata nell’altro termine opposto e complementare: il silenzio. La dicotomia suono/silenzio funziona nella poesia di Cerritelli come la spia di quello che si diceva delle speranze e illusioni, ma a un livello più profondo, che rivela o genera una ulteriore e diversa illusione o speranza, quella che ancora persiste e si diffonde nei suoi versi, di una voce nuova che possa parlare al di là del frastuono del mondo (“ogni rumore è vano incitamento”). Se fosse possibile azzardare, si potrebbe dire che in una poesia essenzialmente laica, esiste come una vocazione religiosa, intesa in senso di apertura a un significato rivelatore e ultimo della realtà. Non a caso il negativo di questo sentimento profondo è il “meccanismo” della vita o del cosmo, qualcosa che esclude il significato, o lo rimodula secondo le lingue morte della tecnica e della prassi storica. Il poeta che è ben consapevole dei “passi perduti”, i suoi e quelli degli altri, non si piega a questa logica da orologiai, a questa terra desolata di parole incapaci di dire, e a tratti sembra rinnegare perfino la voce della poesia: “la poesia di rumore ed acqua sporca/molto più intensa di quattro versi in croce”. Ecco il cuore del percorso sentimentale di un poeta poco incline a cedimenti estetici, che vuole o desidera una riconciliazione con l’essere, qualcosa che superi le discordanze della storia, sua e di tutti. E nasce così anche una involontaria estetica, quella per cui a contare sono “i buchi” nelle anime dei poeti, la loro disposizione morale, non l’adesione a una scuola o a una poetica (non a caso ricorre il nome di Cesare Pavese), non le certezze miserabili che si affermano come carriere, ma le “rotte sgangherate”. Eppure, anche se involontariamente (forse) egli si serve di collaudati elementi retorici, che adatta al movimento sotterraneo del suo poetare. L’apostrofe di montaliana memoria, qui però rivolta a se stesso, quasi a indicare uno sdoppiamento fecondo di dialogo, una tensione verso ciò che è stato ed è e sarà, ricomposto in un’unità fittizia e drammatica. Perché non c’è nostalgia in questi versi, non c’è desiderio di ritorno, ma scavo di conoscenza accompagnato da amarezza, lucida e in fondo anche densa di pietà. Un altro elemento retorico, sorprendente ma non troppo, se si pensa al richiamo a Pavese, è la metrica che, in un modo o nell’altro, ruota attorno al perno dell’endecasillabo, verso quanto più vicino alla prosa, di cui imita l’andamento sintattico, rimanendo lirico. E in fondo in ciò si riassume anche il senso complessivo di questa poesia, radicata nella storia ma protesa verso un orizzonte ideale che trascende la storia inverandola, o almeno giustificandola.


                                                                                                                       Lucia Vaccarella

AL LIMITE DEL MONDO SULLA VITA


Sole che splende in bocca del mattino
poi quella pioggia, però nulla cambia.
Anime libere serbano il ricordo
di chi sparì lasciando ancora un suono.
Lingua di creoli che già ti confonde
come confuso è ancora il sentimento
il sentire che sempre prende il cuore,
che il corpo alberga al pari di ferita.
Distanze che si aprono leggere
fan percepire quanto è relativo
l’andare per la strada presso casa
o persi per il mondo ad una meta.
La meta si, quella che non appare
che pare già incantare il tuo racconto
di scintille non fatue, ma serene
adesso che non sai più dove andare.
Non fa paura più lo sconosciuto
Il vecchio peso aiuta a rafforzare
la speranza del vero, quando  appare
la sera del tuo passaggio al mondo.



ACCADE PER CASO


Espressioni contrarie rompono il silenzio,
a sud venti impetuosi smuovono le nuvole
in tempeste che spazzano la strada
di chi non ha pensato a ripararsi.
Poco a poco la notte si distende
senso alla vita, scrupolo incostante
tenerezza perfetta assegna al giorno
minuti di pazienza assorti e calmi.
Restituisci al pianto il proprio sale
che sentano se in loro si risveglia
i viventi che insieme hanno ascoltato
dolore dei destini nati male.
Si è spento lentamente il ritmo rapido
che lascia il posto a una modesta nenia
e pochi versi e note lente e tenui
cantano già un silenzio assai presente.



PIETRE SUL MONDO


Pietre sul mondo rotto di passione
....almeno mi restasse qualche suono,
almeno osasse il canto farsi vivo.
Son reiterate scosse al piè del tronco
di un albero ch’è stanco di stagioni,
mill’anni e più di false primavere.
Annunci fatti senza che il tuo cuore
sentisse il tempo di quanta menzogna
si annidava in  parole assai gentili,
conti precisi senza mai un errore,
precise descrizioni di quel vuoto
nel quale annega il mondo di coloro
che dell’oblio fan stella polare
del nulla che ha perduto l’universo
in mille sensazioni sottopelle.
Di quando in quando un guizzo di dolore
poi tutto arriva dritto alla stazione
chissà se un giorno si vedrà la luce.



SNATURATE ORBITE


A volte il tempo non ti lascia ricordare
Solo il rimpianto resta come fonte
di note molto stanche e ancora vive
perché il suono di una voce le fa tali
ed il tuo il sentimento le compone.
Però ti resta facile guardare
tanto indietro che è difficile vedere
quelle mappe che un tempo hanno indicato
al mondo una speranza, a te il calore.
Ti senti ormai confuso in quelle strade
di gente tutta uguale e assai intonata
ai tempi di un cantare senza ritmo,
privo pure di qualsiasi melodía
che suona tutto facile, già visto.
Hai visto scomparir la gentilezza
tutto si esprime in algebriche certezze
la somma è uguale a zero, come sempre
soprattutto per te, che ti ci perdi
e ti rincula dentro un suono sordo,
e il tuo cuore stanco si affatica
cercando a tutti i costi la ragione
di tanta indefinibile idiozia
di tanto inascoltabile malsuono,
delle parole dette senza il cuore
dopo mille ripetuti  inganni.
Tutto si infila in vicoli deserti,
la nebbia lo nasconde, il cuore tace.



E' INUTILE GIOIRE


A poco a poco il cielo si avvicina
le nuvole nascondono il gran caldo
la pioggia tropicale lava il mondo
mentre trascina a valle quella terra.
A me pare che il mondo non sia stanco
né sia felice della sua memoria,
pensi soltanto a vivere il momento
dimenticando che cos'è la storia.
Milioni di minuti persi a ridere
a contar su qualcosa che non c'è
a lesinare sopra la coscienza
a limitare i propri sentimenti
e adesso che faremo, chi lo sa?
Nella mia anima si alternano i momenti
si danno il cambio in fila i sentimenti
vergogna per la gioia che io sento
dolore del dolore che si dà
immensa solitudine un momento
ed un momento dopo la speranza
che libera la mente dal tormento
di quanto non si è fatto sino qua
e ormai non è possibile cambiare
ché tutto si aggroviglia e non si muove.
Non so se ho costruito la prigione
dove i miei giorni scorreranno lenti
oppure se mi costa libertà
che pure sono andato indovinando
per le strade del mondo che ho incontrato
nessuna volta uguali, assai mutanti,
ma sempre piene delle mille pene
che tutti vivono, senza mai sapere
perché quello che è giusto non accade.
Folla di nomi, difficile a capire
mentre il sole esce timido quaggiù.



 POCO PIU' IN LA'


Più passa il tempo
e più non scrivo niente. 
Fa notte presto al fine dell'estate:
ai tropici fa notte in una volta,
come se dietro al mondo, ben nascosto,
stesse un signore che spegne quella luce
che lungo il giorno ti abbagliava a picco.
Più passa il tempo
e più non so che dire.
L'angoscia è già finita e viene il giorno
dopo notti di freddo nelle vene,
perché ti manca amore, come l'aria,
mentre la grande strada che tu vedi
non si riposa mai, attorno all'orologio,
un movimento senza molto senso
che già non vedi più, non puoi apprezzare
perché ti manca adesso anche la voglia
perché vuoi ceder passo senza amore
senza paura, senza più rancore
ai miti sciocchi, alle promesse false
che hai ascoltato con indignazione
tutte le volte che ci hai fatto caso,
quando il guardare si posava sopra
ai gesti stanchi, ripetuti invano
quando l'udire  sentiva raccontato
tutto l'orrendo armamentario di parole
che inganna chi vuol essere ingannato.
Più passa il tempo
e più le stesse cose.
E il tuo capire certo non aiuta
solo a chiamarti fuori ti é servito,
da una partita che non vuoi giocare
perché mentire non si addice al senso
di quello che hai passato nei tuoi giorni.
Così ricordi a volte inaspettati
o senza senso, come dice la tua amica
che per amore a te, cerca di dirti
che non vale sciupare il proprio umore
per chi non ha la voglia di ascoltare,
per quelli che considera fatica
l'uso della coscienza..... a navigare
per mari aperti, con bussola e sestante
ma senza costrizioni alla tua rotta
perché ti senta libero di andare,
ed anche perché senta la fatica
di non avere un ordine che scrive
quel che si deve e non si deve fare.
Forse poco più in là qualcosa arriva,
e adesso stai pensando a quegli sguardi
alle anime per cui ti sei stupito,
a chi ti ha regalato senza premio
la sua presenza silenziosa e attenta
ed ha vegliato i sogni tuo malgrado,
raccogliendo l'anima in pezzi per cantare
che l'amore è di un altro continente,
e per questo è soggetto al cedimento
a dispetto di chi già sta vivendo
direttamente, senza più aspettare,
o aspettando senza un elemento
che potesse provare a chi non crede
che stavi per venire, e camminavi,
spesso sfiorando il limite del vero
per accorgerti che ancora si poteva
dar alito a speranza (o ad illusione?)
sino a incontrare in strada quella mano
sicura e ferma di chi sa come amare,
e cura le ferite della vita,
e non può più aspettare di incontrarti.
Adesso si, che occorre fare il conto
guardare quelle rotte sgangherate
fissare bene nella mente fresca
il limite e l'inganno del presente
spiegare la speranza addormentata
e andare per cercare, come allora,
senza quel peso che mette la paura.



William Emilio Cerritelli, è nato a Chieti nel 1953. Brillante allievo di docenti del calibro di Salvatore Valitutti, Vittorio Bachelet, Aldo Moro, Federico Caffè ed altri si è laureato presso l’Università “La Sapienza” di Roma in Scienze Politiche, per poi perfezionare i suoi studi al Tavistock Institute of Human Relations di Londra, allievo prima e quindi amico fraterno di William Gordon Lawrence, recentemente scomparso. Il suo percorso professionale ha spaziato dal primo incarico presso il Censis fino ad incarichi presso UNICEF, ILO, IFAD, FAO, UNOPS, UND. Attualmente vive in Brasile, da dove continua a viaggiare in tre continenti per il suo lavoro, oggi principalmente basato sul policy making e la valutazione di grandi progetti.

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