Ed. Tabula Fati, 2016
Postfazione al libro
Le origini della parola “amore” si
perdono negli albori delle lingue. Forse deriva dal sanscrito “kama” che vuol dire desiderio,
o dal più lontano protoindoeuropeo o forse dalla lallazione dei bambini quando
tentano di comunicare con la mamma. Pare ci sia da sempre, come da sempre c’è
“l’amor che move il sole e l’altre stelle”, principio primo dell’essere e fine
ultimo cui tutto tende. Come si fa a spiegarlo? Lo stesso poeta ammette che
domandarsi cosa sia l’amore non ha senso, ma spesso le domande nascono, non dal
desiderio di avere delle risposte, bensì dalla necessità di dare voce allo
stupore, alla meraviglia che ci prende quando scopriamo o riscopriamo dentro di
noi la bellezza di questo sentimento che, come l’acqua, riesce a trovare mille
crepe e insenature per arrivare a permearci fin nelle pieghe e nelle piaghe più
profonde, fin dove ancora arde il dolore.
“Spiegami questo amore” segna il punto di approdo di un percorso al contempo
emozionale e poetico dell’autore. E’ un piccolo, prezioso scrigno di saggezze maturate
passo a passo, attraverso uno scavo “fatto
di sudore e grida” nella solitudine di una “miniera abbandonata”, uno scavo a mani nude, che ha prodotto non
poche lacerazioni ma ha portato alla luce gemme di grande valore.
Nelle opere precedenti dell’autore si
percepisce la lotta dell’uomo contro il dolore che lo attanaglia; quasi a
volerlo imbrigliare, il poeta lo circoscrive nei canoni della poesia classica.
Il grido verso il nulla si fa dialogo sommesso con l’assenza della donna amata
e persa irrevocabilmente, è un canto
d’amore ora struggente ora disperato che fluisce spesso in endecasillabi e rime
e ritmi cullanti, a voler rievocare il sincrono dei battiti, l’appartenenza
dell’uno al respiro dell’altro.
In quest’ultima, densa e intensa fatica
poetica di Franco Pasquale, le atmosfere sono più pacate, il dettato si apre al
verso libero come l’animo del poeta alla luce di una nuova consapevolezza:
“Par che si debba,
per dimenticare,
dissotterrare prima
la memoria,
rimuover le macerie”
E’ vero, occorre sgombrare il cuore
dalla disperazione e dalla rabbia che quei ricordi destano e fare posto alla
gratitudine per un amore che, seppure per un tempo troppo breve, ci è stato
concesso di vivere. Ciò che è stato non si può cancellare, i ricordi restano,
ma scevri d’amarezza, resta il bene che
ci ha nutrito, fatto crescere, che ci ha resi di certo migliori.
Esiste un’altra ipotesi, meno
probabile ma affascinante, che individua l’origine della parola amore nel
latino “a-mors”, senza morte, qualcosa
che non muore mai, ed è così per il poeta, quando con pochi tratti affilati,
verga nello stesso tempo la più bella dichiarazione d’amore e il ritratto
immortale della donna amata:
“E tu stai,
fasciata di fiamme,
come una chimera
benevola.”
Amore è anche e soprattutto questo, lasciare che l’altro vada verso un altrove e
permettere al suo bene di raggiungerci sotto altra forma, affidarsi a un volto
amico che ci trascini via
“ma dolcemente,
dalla camera oscura
ove, sui fili,
come panni stesi nella notte,
stavano
lontane pellicole
sensibili alla luce,
ancor bagnate d’acido.”
In un susseguirsi di immagini vivide,
di grande impatto simbolico, al lettore non è dato scorgere quel volto, segue soltanto
i gesti amorevoli di colei alla quale il poeta si rivolge come a una novella Maria di Betania:
“Con fasce e balsami e morbidi capelli
hai lenito dolore e piaghe
perché potessi camminare ancora con te,
libero e immortale.”
E’ il gesto dell’accudimento per eccellenza,
un amore che si offre totale, disinteressato, non può che suscitare stupore e
smarrimento in chi lo riceve, anche timore che accettare di essere amato e amare
ancora comporti il rischio di nuove sofferenze, che possa di nuovo accadere “la fine” e che l’arcobaleno perda all’improvviso
i suoi colori. Ma non si può continuare a vivere nell’oscurità di una notte
popolata da “nostalgie mai vissute”,
è tempo di tornare alla luce dell’amore- mattino che avanza, verso il quale
ogni vita tende in modo naturale.
Non importa scoprire da dove venga,
né trovare una definizione che riesca a contenere tutta intera l’immensità
racchiusa in un piccolo lemma. Nel nostro peregrinare in cerca di un senso alle
dure prove che dobbiamo affrontare, ci basti sapere che “Una parola ci libera
di tutto il peso e il dolore della vita: quella parola è amore”(Sofocle) .
Maria Grazia
Di Biagio
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