Traccia in un’alba o alba in una traccia
che s’imbianca del passo dei fantasmi
in fuga: calcinata ancora sale
nel futuro dei vivi, senza scale
nella mente che pensa e ricomincia…
S’inalbera l’enigma, ricomincia
la caccia, il kérigma è un’ostia sacra
così fragile sulla lingua che
non parla, presa dalla sua saliva.
E se un cerchio s’infrange, una deriva
cerca la sua corrente, il sangue mente
schizzato ancora lungo le sue mura.
Alla fine del grido nasce il kérigma,
ma chi ha gridato lungo quali mura
chi è stato dentro quella voce? Altissima,
ha rimosso le fronde e la verdura.
Il vento, fondo, è un vento che ora gira
a tondo su se stesso: quelle mura,
occhio dell’uragano, non cadranno
se i frammenti ritrovano nel canto
il loro posto e il discorso interrotto
dal grido disumano apre le porte,
muove la lingua dei tacenti. Piange
a dirotto un bambino sotto questi
eventi illuminati: non comprende;
ma il grido del neonato in tutti i nati,
che grida, vi rintraccia la parola.
Sempre furono i suoi significati
provvisori ma la contraddizione
che vi ha nido propone nuovi voli.
Abbandonate il sole, ritrovatelo:
le suole che hanno sollevato chi
alzava il grido sono senza traccia.
da Bigongiari - POESIE
A cura di Giancarlo Quiriconi
Jaka Book, 1994
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