Crivu - “plumelia” edizioni 2016
Fondazioni Culturali Gioacchino Arnone
La silloge “Crivu”, che nella parlata di Monreale significa “Setaccio”, arriva alle stampe dopo una selezione che la vede vincitrice del I° premio nella sezione
opere inedite in lingua siciliana del 42° Premio Internazionale “Città di
Marineo”.
L’opera, composta da 30 liriche vergate in uno stile
asciutto e denso, è incentrata sul tema della fatica di esistere che, per il
poeta, è tutt’uno con la fatica di scrivere. Inusuale, per i canoni della
poesia dialettale , legata per lo più ai temi della satira politica (dai
Risorgimentali al Mistero Buffo di Dario Fo) o della rimembranza - nostalgia
(come in Tonino Guerra o Pasolini).
In “Crivu”, la Sardisco rompe gli schemi pregressi
elevando il proprio dialetto alla dignità di lingua madre , si serve
magistralmente di quella valenza straordinaria che è propria del lessico dialettale,
per infondere nel verso tutta la potenza di significanti permeati da secoli di
storia, dove ancora vibrano il suono dell’onomatopea originario e la traccia
delle incursioni straniere.
Non vi sono riferimenti al luogo geografico, e quei
rari elementi riferiti al mondo rurale sono strumentali alla fusione –
identificazione tra paesaggio, corpo e sentimento.
E’ un linguaggio affilato, quello della Sardisco, che
arriva dritto al nòcciolo attraverso
figure metaforiche e procedimenti analogici propri della poesia dei
maestri moderni da Quasimodo fino, e direi soprattutto, a Zanzotto, del quale
in più punti si avvertono vibrazioni, nella tensione alla poesia come “suprema proposta qualitativa”, nella
ricerca dell’autenticità situata in quel
momento dell’infanzia in cui realtà e linguaggio coincidono, nello slancio “Vocativo”
a quel “Chiarore acido che tessi / i bruciori d’inferno/ […] chiarore-uovo /
che nel morente muco fai parole / e amori”.
In quest’epoca sovrabbondante di voci poetiche,
Patrizia si pone in contro tendenza, con il fare schivo di chi sente tutta la
responsabilità che lo scrivere poesia comporta.
“I poeti lavorano di notte”, scriveva Alda Merini,
perché scrivere non è un mestiere né un
diletto, ma una vocazione alla quale
spesso la poeta non vorrebbe rispondere. E’ la pietra tagliente che non passa
dal setaccio e lacera la lingua del poeta.
E’ fatica, lo scrivere, toglie le ore al sonno:
#22
[…]
“u scriviri è nuttata e lanza feli
senza nudda prudenza scricchia l’ossa
e dici senza
mancu pipitari
scrivere
è notte e vomita fiele / senza alcuna prudenza rompe le ossa / e dice senza
nemmeno aprir bocca
Il discorso poetico di Patrizia è un dialogo sommesso
, quasi una confidenza fatta con pudore,
con l’umiltà che rende incantevole la
bellezza autentica, nuda e semplice.
E’, come direbbe Quasimodo, la “rivelazione di un sentimento”
che il lettore accoglie con la stessa umiltà con cui gli è stato donato e, “lo
riconosce come proprio”.
#1
cocci ‘i luci c’abballa
e s’accumenci di ddocu
po’ riri nzoccu e gghié
a vita rura
fin’a quannu cci susci
mentr’ancora t’abbrucia
a vuci crura
canta papuli papuli
la
favilla che danza / e se cominci da qui / puoi dire qualsiasi cosa // la vita
dura / fin quando ci soffi su / mentre ancora ti brucia // la voce cruda /
narra tra le vesciche
# 25
vucca chi cerca a matri
picciridduzzu nicu
chi s’arruspigghia ‘i notti
chi cianchiteddi friddi
rapi l’occhiuzzi e aricchi
c’u scuru nte manuzzi
e a scorcia d’ovu mmucca
ammunzedda paroli
havi a lingua a culuri
ch’i manicheddi curti
bocca
che cerca la madre / bambino piccolo / che si sveglia di notte / con i fianchi freddi / apre gli occhi e gli
orecchi // con il buio nelle manine / e
il guscio d’uovo in bocca / accumula parole // ha la lingua a colori / con le
maniche corte
# 30
e appressu tuttu u tùssiri
a vita s’arrisetta
e si ntosta accussì
nta stu nchiappari carta
ca pulizìa u sonnu
arrascannu e scurciannu
nta sta vuci all’urbigna
di erba c’un è nnata
e porta cardacìa
e certi voti
ciàvuru
e
dopo tutto questo tossire / la vita si deposita / e si rapprende così // in
questo sporcare carta / che ripulisce le tempia / grattando e scorticando // in
questa voce alla cieca / di erba che non ancora spuntata /porta prurito // e a
volte / profumo
Maria Grazia Di
Biagio
Già su La Presenza di Erato
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