giovedì 30 novembre 2017

Oscar Wilde - Aforismi sulle donne



Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese.

Le donne, secondo alcuni, amano con gli orecchi, proprio come gli uomini amano con gli occhi; se pur tuttavia amano.



Venti anni di romanzo fanno di una donna una rovina, ma venti anni di matrimonio ne fanno un monumento.

Finché una donna riesce ad avere l’aria di essere dieci anni più giovane della propria figlia,
codesta donna è felice.

La donna che non sa rendere piacevoli i suoi errori non è che una femmina.

L’uomo può amare ciò che gli è inferiore, può amare anche cose indegne, macchiate disonorate. Noi donne adoriamo quando amiamo; e quando perdiamo la nostra adorazione perdiamo tutto.

La base logica del matrimonio è il malinteso reciproco.

Avere segreti con le mogli altrui, è un lusso necessario della vita moderna; almeno così dicono al club certe persone abbastanza calve per saperlo bene. Ma un uomo non dovrebbe mai aver segreti con la propria moglie. Essa li scopre invariabilmente. Le donne hanno un istinto meraviglioso, scoprono tutto, meno ciò che è evidente.

Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono far tutto.

Le donne hanno la passione per il pericolo. È una delle qualità che più ammiro in loro. Una donna farà un flirt con chicchessia, purché abbia un pubblico in platea.

Le donne brutte sono sempre gelose dei mariti; le donne belle mai! Esse non ne hanno il tempo. Hanno troppo da fare per la gelosia dei mariti delle altre.

Un uomo che fa la morale è quasi sempre un ipocrita, ed una donna moralizzatrice è invariabilmente brutta. Non vi è nulla al mondo che stia tanto male ad una donna quanto una coscienza troppo rigida. Fortunatamente la maggioranza delle donne ne è convinta.

Ridetene pure, ma vuol dire molto trovare una donna che ci comprenda a fondo.

Cosa intendete per una donna perversa? Oh! quel tipo di donna della quale un uomo non si stanca mai.

Gli uomini bramano sempre di essere il primo amore della donna; è questo un effetto della loro sciocca vanità. Le donne hanno un istinto sottile. Esse desiderano essere l’ultimo romanzo dell’uomo.

Quando una donna si accorge dell’indifferenza di suo marito verso di lei, o trascura ogni eleganza, o fa sfoggio di cappelli elegantissimi che sono pagati dal marito di un’altra.

Tutte le donne diventano simili alle loro madri, è quella la loro tragedia. L’uomo no; ecco la tragedia sua.


da Tascabili economici Newton 1992
centopaginemillelire 21

Traduzione di Biagio Chiaria

Narda Fattori - Passione Poesia


Da Passione Poesia - Letture di Poesia Contemporanea (1990- 2015) 
a cura di Sebastiano Aglieco, Luigi Cannillo e Nino Iacovella) CFR 2016, un testo di Narda Fattori con nota di presentazione di Maria Lenti.









Dai portoni con serrature di sicurezza
sempre nell’ora che ci sembra finale
invochiamo il dio che non risponde
quello che non ha parole
e nel suo nome si sono ridotte
le case in calcinacci dove l’argilla primigenia
e a mille e mille si sono alzate le croci.

Non c’è alcun tesoro celato là dove
gli arcobaleni si stremano in archi grandi
e più nessuno si stupisce dell’inganno
come la favola narra e la mente rifiuta.

Eppure siamo per scambiarci parole piene
per estrarre dolori come spine sottopelle
a sudare la terra per il pane
per meritarci i nostri avi contadini
con le mani di calli e compassione.

Ora siamo soltanto groviglio di serpi
ai quattro angoli del tempo
dentro i muri delle case con troppo silenzio
e dove non si fa silenzio mai
per udire – pensare – girotondi infantili
di grandi allegri occhi scuri

c’è chi ha proibito ai bambini i girotondi
                                     nei cortili del mondo




Narda Fattori, Gatteo (FC) 1948 - 2017



da Cambiare di stato morire di natura, CFR, Piateda (So), 2014


dal commento di Maria Lenti
Presenze in movimento tra bellezza e crisi

Il verso di Narda Fattori narra vicende, nel riscontro realistico retinato in una sottile liricità, senza infingimenti. Non nasconde gli intenti dell’esito. Li comunica e chiede di essere compreso fino in fondo, in clausole che constatano, soppesano, mai sospendono il senso snodato nel dialogo, continuo, con la vita, con i consimili dentro un comune destino, in un contenitore ricco di cose, di pensieri, di respiri sul raggiunto o sul mancato.
[…]
L’accaduto ha calato cortine. ha sfasato l’altezza dei gradini. ha prodotto inciampi e soprassalti ogni volta giunti rumorosi nel silenzio, un assolo fino come una lama e duro come una lastra di ferro. Ha fiatato cattiverie di un dio innominabile dentro la “commedia” o la “tragedia” o l’”avanspettacolo”, i cui registi si chiamano tempo, potere danaroso, padroni del vapore economico, illuminazione razionale, illusioni gelate, disinganni. Il sipario tirato ogni volta non ha lievitato il sospiro della fine liberatoria, tanto meno ha innescato – ne scrivono i saggi, i sapienti di sempre, no? – l’attesa catarsi.
[…]





mercoledì 29 novembre 2017

Hermann Hesse


In cammino


Alla memoria di Knulp

Non esser triste, presto sarà notte,
e sul paese pallido vedremo
fresca la luna sorridere furtiva
e poseremo, mano nella mano.

Non esser triste, presto verrà il tempo
che avremo pace. Le nostre croci stanno
a due sul margine lucente della vita,
e piove e nevica
e il vento viene e va.




Auf Wanderung

Dem Andenken Knulps

Sei nicht traurig, bald ist es Nacht,
Da sehn über dem bleichen Land
Den kühlen Mond, wie er heimlich lacht,
Und ruhen Hand in Hand.

Sei nicht traurig, bald kommt die Zeit,
Da haben wir Ruh. Unsre Kreuzlein stehen
Am hellen Strassenrande zu weit,
Und es regnet und schneit,
Und die Winde kommen und gehen.




da Hermann Hesse Poesie Ugo Guanda Editore, 2015
testo originale a fronte
A cura di Mario Specchio

martedì 28 novembre 2017

Giulio Maffii - Due poesie da Misinabì






Giulio Maffii osserva il mondo Agli Zigomi delle finestre, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2013, dai balconi, dai finestrini d’auto. Spesso ci scappa un porticato. Adora attraversare i corridoi. Vive e scrive. Studia e narra. Si può trovare di frequente sul web. Incentiva la piccola editoria, però quella seria e appassionata: qui pubblica volentieri, passeggiando con L’odore amaro delle felci, Ed. Meridiana, Firenze, 2013, o incontrando sul cammino Mucche che non leggono Montale,  Marco Saya Ed., Milano, 2013. Prova ad essere saggio preferibilmente a giorni alterni. La sua raccolta più recente è Misinabì, Marco Saya Ed., Milano, 2014.



Bio-bibliografia tratta da Passione Poesia - Letture di poesia contemporanea (1990 – 2015) Edizioni CFR / Gianmario Lucini 2016  cui l’autore ha contribuito con un saggio critico sulla poesia di Alessandro Ceni.




VI


L’errore è dentro noi nelle parole
negli eventi nelle liste programmatiche
Siamo un prestito del tempo
le tre colonne del tempio?
siamo mercanti adoratori
la sconfitta di qualsiasi dio
siamo la terra guasta dentro la grondaia
il fine ultimo della nuvola
il grido dell’albero che esce dalla radice
siamo e fummo
perché il verbo non ha desinenze
quando è fuori dalla grammatica vivente
e poi scendemmo ancora mentre





XIII


Siamo milioni in questo vuoto
così goffi tra regole
labirinti silenzi e graffi
Respiriamo il santo della cruna
la tassonomia del caso
e di bruma in bruma attendiamo
qualcuno una svolta
altri una generica attenzione
Senza luogo accadono sulla terra
persuasioni indelebili verità
L’albero il sole il biondo dei capelli
in quali pieghe contorte
il vuoto delle porte i terrapieni
le pietre acquietano gli orpelli
s’addensano giorni e licheni
Non scorre la gora secca che nutre
il sottobosco il precipizio la forra
tra quando scendi e quando torni



da Misinabì, Marco Saya Edizioni, Milano, 2014



Giulio Maffi ha diretto la collana di poesia contemporanea e plaquette per le Edizioni Il Foglio. Svolge opera di traduzione poetica. È stato uno degli organizzatori italiani del festival mondiale Palabra en el mundo.

Ha scritto articoli critici sulla poesia del Novecento. Ha all'attivo diverse pubblicazioni tra cui "L'umiltà del poco" (2010 Akkuaria), "L'odore amaro delle felci" (2012 Ed. della Meridiana) con cui ha vinto il Premio Sandro Penna e il saggio "Le mucche non leggono Montale" (2013 Marco Saya edizioni).
Nella sua produzione c'è anche la raccolta di racconti "La caduta del tempo" (2008 Il Foglio).
Suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo, inglese e romeno.

lunedì 27 novembre 2017

Friedrich Nietsche - Ditirambi di Dioniso

Soltanto giullare! Soltanto poeta!


Nell’aria illimpidita,
quando già sulla terra stilla
della rugiada la consolazione
invisibile e non udita
- poiché delicati calzari porta la consolatrice
rugiada, come chi dà conforto con la mitezza –
ricordi allora, ricordi, cuore ardente,
come un giorno fosti assetato,
quanta sete avevi, stanco e abbruciato,
di lacrime celesti e stillante rugiada,
mentre sull’erba gialla dei sentieri
ti correvano intorno tra alberi neri
vespertini sguardi malvagi del sole,
abbaglianti, accesi sguardi del sole, maligni?

“Pretendente della verità – tu? schernivano –
no! soltanto poeta!
un animale, astuto, rapace, insinuante,
che deve mentire,
che sapendolo, volendolo deve mentire,
ingordo di preda,
sotto maschere variopinte,
maschera ormai di se stesso,
preda di se stesso –
questo – il pretendente della verità?...
Soltanto giullare! Soltanto poeta!
Uno che parla solo screziato, che vien fuori
da maschere buffonesche con parole varioprinte,
inerpicandosi su menzogneri ponti di parole,
girovagando, trascinandosi attorno
su arcobaleni di bugie
tesi tra falsi cieli –
soltanto giullare! soltanto poeta!...

Questo – il pretendente della verità?...

Non quieto, rigido, liscio, freddo,
non divenuto effigie,
colonna di un dio,
non piantato dinanzi ai templi,
guardiano di un dio:
no! a tali statue di virtù ostile,
a casa sua in ogni selvaggia contrada più che nei templi,


pieno di felina protervia,
uno che salta da ogni finestra
- ecco! – in ogni azzardo,
fiutando in direzione di ogni foresta,
per correre empiamente sano e bello
e multicolore nelle foreste vergini
tra villosi, screziati animali da preda,
per correr con labbra vogliose,
felice per lo scherno, per l’inferno, per la brama di sangue,

rapinando, strisciando, mentendo

Oppure simile all’aquila, che a lungo,
a lungo fissamente guarda gli abissi,
i suoi abissi…
- oh! come in giù qui si inanelano,
in basso, in dentro,
in profondità sempre più fonde! –

Poi,
d’improvviso,
con volo diritto,
con slancio convulso
piombare su agnelli,
in giù a precipizio, vorace,
ingordo di agnelli,
avverso a tutte le anime d’agnello,
trucemente avverso a tutti gli sguardi virtuosi,
a ciò che ha l’aspetto di pecora, con il vello ricciuto,
a chi guarda melenso, col benvolere del latte d’agnello…

Così
di aquila, di pantera
sono le bramosie del poeta,
sono le tue bramosie sotto mille maschere,
tu giullare! tu poeta! …

Tu che hai visto nell’uomo
tanto il dio quanto la pecora
sbranare il dio nell’uomo
come la pecora nell’uomo
e sbranando ridere

questa, questa è la tua felicità,
felicità di una pantera e di un’aquila,
felicità di un poeta e giullare!...

Nell’aria illimpidita,
quando già la falce della luna
tra rossi porporini verde s’insinua
e invidiosa,
- nemica del giorno,
segretamente falciando
a ogni passo amache di rose,
finché esse cadono, in giù
pallide cadono verso la notte:

così una volta caddi io stesso,
dal mio delirio di verità,
dalle mie bramosie del giorno,
stanco del giorno malato di luce,
- caddi in giù, verso la sera, verso l’ombra,
bruciato da una sola
verità e sitibondo
- ricordi ancora, ricordi, cuore ardente,
come allora fosti assetato? –
che io sia bandito
da ogni verità!

Soltanto giullare! Soltanto poeta! …



da: Ditirambi di Dioniso e poesie postume (1882 - 1888)
Versioni di Giorgio Colli

Adelphi Edizioni 1970


Nur Narr! Nur Dichter!


Bei abgehellter Luft,
wenn schon des Thau's Tröstung
zur Erde niederquillt,
unsichtbar, auch ungehört
- denn zartes Schuhwerk trägt
der Tröster Thau gleich allen Trostmilden -
gedenkst du da, gedenkst du, heisses Herz,
wie einst du durstetest,
nach himmlischen Thränen und Thaugeträufel
versengt und müde durstetest,
dieweil auf gelben Graspfaden
boshaft abendliche Sonnenblicke
durch schwarze Bäume um dich liefen
blendende Sonnen-Gluthblicke, schadenfrohe.

"Der Wahrheit Freier - du?" so höhnten sie
nein! nur ein Dichter!
ein Thier, ein listiges, raubendes, schleichendes,
das lügen muß,
das wissentlich, willentlich lügen muß,
nach Beute lüstern,
bunt verlarvt,
sich selbst zur Larve,
sich selbst zur Beute,
das - der Wahrheit Freier? ...
Nur Narr! nur Dichter!
Nur Buntes redend,
aus Narrenlarven bunt herausredend,
herumsteigend auf lügnerischen Wortbrücken,
auf Lügen-Regenbogen
zwischen falschen Himmeln
herumschweifend, herumschleichend -
nur Narr! nur Dichter! ...

Das - der Wahrheit Freier? ...

Nicht still, starr, glatt, kalt,
zum Bilde worden,
zur Gottes-Säule,
nicht aufgestellt vor Tempeln,
eines Gottes Thürwart:
nein! feindselig solchen Tugend-Standbildern,
in jeder Wildniss heimischer als in Tempeln,
voll Katzen-Mutwillens
durch jedes Fenster springend
husch! in jeden Zufall,
jedem Urwalde zuschnüffelnd,
daß du in Urwäldern
unter buntzottigen Raubtieren
sündlich gesund und schön und bunt liefest,
mit lüsternen Lefzen,
selig-höhnisch, selig-höllisch, selig-blutgierig,
raubend, schleichend, lügend liefest...

Oder dem Adler gleich, der lange,
lange starr in Abgründe blickt,
in seine Abgründe ...
- oh wie sie sich hier hinab,
hinunter, hinein,
in immer tiefere Tiefen ringeln! –

Dann,
plötzlich,
geraden Flugs
gezückten Zugs
auf Lämmer stoßen,
jach hinab, heißhungrig,
nach Lämmern lüstern,
gram allen Lamms-Seelen,
grimmig gram Allem, was blickt
tugendhaft, schafmässig, krauswollig,
dumm, mit Lammsmilch-Wohlwollen ...

Also
adlerhaft, pantherhaft
sind des Dichters Sehnsüchte,
sind deine Sehnsüchte unter tausend Larven,
du Narr! du Dichter!...

Der du den Menschen schautest
so Gott als Schaf -,
den Gott zerreißen im Menschen
wie das Schaf im Menschen
und zerreißend lachen

das, das ist deine Seligkeit,
eines Panthers und Adlers Seligkeit,
eines Dichters und Narren Seligkeit!"...

Bei abgehellter Luft,
wenn schon des Monds Sichel
grün zwischen Purpurröhten
und neidisch hinschleicht,
- dem Tage feind,
mit jedem Schritte heimlich
an Rosen-Hängematten
hinsichelnd, bis sie sinken,
nachtabwärts blaß hinabsinken:
so sank ich selber einstmals,
aus meinem Wahrheits-Wahnsinne,
aus meinen Tages-Sehnsüchten,
des Tages müde, krank vom Lichte,
- sank abwärts, abendwärts, schattenwärts,
von Einer Wahrheit
verbrannt und durstig
- gedenkst du noch, gedenkst du, heißes Herz,
wie da du durstetest? -
daß ich verbannt sei
von aller Wahrheit!
Nur Narr! Nur Dichter! ...

giovedì 23 novembre 2017

Maria Marchesi


Dalla prefazione di Dacia Maraini a 

“Evitare il contatto con la luce” Edizioni Lepisma 2005

Il disagio psichico entra in scena prepotente nella prima parte di questa raccolta di poesie di Maria Marchesi e frasi come “le punte acuminate dei coltelli”, che è anche il titolo della sezione d’esordio, o “un sordo rancore contro il mondo”, parlano di ragioni dolorose che si sono perdute nella memoria, o che si sono volute perdere, nel difficile cammino del ricordo.
“Le mie ragioni si sono perdute. / Se piango aggravo la mia condizione: / a ogni parola, a ogni gesto aumenta il sospetto / dello psichiatra / che giudica e manda”.
Come il Minòs dantesco lo psichiatra stabilisce e ordina, prescrive “ancora valium e catene” e allora altro non rimane che inchinarsi “al male che preme / dal fondo dello stomaco”.
Ma il percorso poetico di Maria Marchesi non si ferma al racconto del dolore che invade l’anima e diventa discorso attento e appassionato sul rapporto tra poesia e vita: “Rimugino rimugino poesia / per salvarmi dal flaccido sbavare / dell’aridità fattasi mani d’uomo. / Così sia”.
[…]
“Tutti dicono: la vita! La vita! / E io non sono riuscita / mai a incontrarla. / Ma c’è?
Esiste? Dove vive?”, si chiede Maria Marchesi quasi a chiusura della sua raccolta di poesie. E se ancora una volta appare grande il male di vivere e tanti sono gli interrogativi a cui i versi non riescono a dare risposta, tuttavia caparbiamente, parola dopo parola, sembra imporsi la speranza. È una energia sotterranea, quella della parola poetica, capace di trasformare un numero infinito di debolezze in una forza vitale e inarrestabile.

Dacia Maraini

M’INCHINO AL MALE


Ben disposti silenzi
                                    dice Zanzotto
indisseppellibili
                               e silenzi
la cui soluzione strama
verso acuminate cime
d’alberi di vento.

M’inchino al male che preme
al fondo dello stomaco
                                             negli occhi
saetta una vipera inquieta      
che va spegnendo stelle.






RIMUGINO POESIA


Rimugino rimugino poesia
rimugino rimugino.
La poesia che dev’essere capita da tutti,
bianchi e neri, analfabeti e giudici,
imbecilli e cinesi.
Da tutti recepita da tutti letta
con più assiduità di qualsiasi giornale.
Da tutti da tutti
da tutti capita smarrita enfasi
smarrita estasi
smarrita circostanza
danza del nulla dell’indifferenza
del mio essere una e indivisibile
danza fanciulla
danza del nulla che crea misfatti
e ghirigori nel pieno dei connubi
che scavano l’infinito per farne diademi.
Danza dell’inesistente che esiste,
mania che accelera l’ingordigia di Narciso,
ginepraio che si divincola e sbraita
dilagando sui ciclamini dell’esuberanza.
maniacale verginità, purulenza,
smarrimento, morta sciocchezza.
Rimugino rimugino poesia
per salvarmi dal flaccido sbavare
dell’aridità fattasi mano d’uomo.
Così sia.




LA VITA CI PARRA’


Annoto ciò che bisogna dimenticare,
prendo possesso della mia assenza.
Chi mai leggerà gli appunti? Comunque
non escludo che un giorno
potremo tramutarci in libri, allora
prenderemo coscienza delle troppe perdite,
vedremo con chiarezza se ci sarà un traguardo.




SOTTRAZIONE


All’improvviso mi manca il corpo
e l’anima se ne va sopra un campanile
così alto che ho paura a guardare.
Sono in una piazza sconosciuta,
attorno a me parlano una lingua
incomprensibile. Mi è sfuggito
il me che s’incantava al diverso,
non mi resta che sottrarmi all’impatto,
giocare la carta della smemorata.


martedì 21 novembre 2017

Paolo Valesio

          Poesia Italiana Contemporanea

Paolo Valesio (Bologna, 1939) è Giuseppe Ungaretti Professor Emeritus in Italian Literature all’Università di Columbia a New York, dove ha concluso la carriera accademica dopo gli insegnamenti a Harvard, Neuw York University e Yale. È presidente del Centro Studi Sara Valesio a Bologna. Ha fondato e diretto la rivista Yale Italian Poetry (YIP) (1997 – 2005), che dal 2006 a Columbia è divenuta Italian Poetry Review (IPR).
È presidente del Premio di Poesia “Piero Alinari” a Firenze, Oltre a libri di critica, curatele, volumi collettivi e articoli in riviste e periodici, Valesio è autore di due romanzi: L’ospedale di Manhattan (1978) e Il regno doloroso (1983); di una raccolta di racconti, S’incontrano gli amanti (1993), di una novella, Tradimenti (1994), di un poema drammatico, Figlio dell’uomo a Corcovado, e di un saggio critico narrativo, Dialogo coi volanti (Napoli, Cronopio, 1997).
Ha pubblicato le raccolte di poesie: Prose in poesia (1979), La rosa verde (1987), Dialogo del falco e dell’avvoltoio (1987), Le isole del lago (1990), La campagna dell’ottantasette (1990), Analogia del mondo (1992, Premio di poesia “Città di san vito a Tagliamento”), Nightchant (1995), Sonetos profanos y sacros (originale italiano e tradizione spagnola, 1996), Avventure dell’Uomo e del Figlio (1996), Anniversari (1999), Piazza delle preghiere massacrate (1999, Premio “DeltaPOesia”, rappresentato in versione teatrale a Roma e a New York), Dardi (2000), Every Afternoon Can Make the World Stand Still / Ogni meriggio può arrestare il mondo (originale italiano e traduzione inglese, 2002, seconda edizione 2005), Volano in cento (originale italiano, traduzione inglese e traduzione spagnola, 2002), Il cuore del girasole (2006, Premio “Colli del Tronto”, 2007), Il volto quasi umano (2009) e La mezzanotte di Spoleto (2013), Il servo rosso / The red servant (2016, Poesie scelte 1979 – 2002, originale italiano, traduzione inglese).




Le poesie riportate sono tratte da "IL SERVO ROSSO" Puntoacapo 2016


La nona giornata della Novena di Santa Teresa di Lisieux



            Ieri notte
gli è sembrato di stare ritto in piedi
ad essi rivolto, e di dire:
“ O sorelle e fratelli dell’acquario –
in questa chiesa grande di Saint Mary
che (lo ha detto un parroco invidioso)
‘ha le pretese di una cattedrale’ –
lo sentite anche voi
che l’aria del mattino è come acqua
filtrata dall’ampie vetrate
ricamate di piombo e di colori?
Nàutili dello spirito
o palombari condannati,
galleggiamo sospesi
(non c’è nessuno
con cui verificare la realtà).
Siamo pochi a quest’ora - una ventina –
ed ognuno di noi ha un lungo banco
tutto per sé.
Al momento del segno della pace
non ci serriamo le mani,
ma ci salutiamo da lungi
leviamo leggera la destra
con un gesto che nasce
da un certo qual languore e sonnolenza
ma che finisce
con il diventare solenne.
Non siamo
affamigliati insieme
non scorrono tra noi
fili di amicizia
o rivoli di sangue.





Sperso



Quello - in - croce che lei gli ha regalato
             (di ottone rosso: un torbido antiquario
              l’ha venduto con mani un po’ tremanti)
e che sta appeso al vertice, al triangolo
del soffitto di legno:
lui si sente incitato, nel silenzio,
a rivolgersi ad esso
e quasi corre in camera
e si piega giù ai piedi del letto.
È l’ora blu-morente del crepuscolo,
e già la cosa non si vede più
la parete è soltanto una macchia
di buio che calmo s’addensa –
un colpo di pennello dietro l’altro –
e lui resta insicuro
che ci sia veramente,
quel patibolo piccolo lassù.








                 Dardo 65




       Nei rari momenti (ad esempio
nello specchio abbrumato di un motel)
in cui lo sguardo declina
verso il corpo in sua povertà
(defoliato dagli anni) e nudità
intorcigliato intorno all’indifeso
oscuro pene contro
il pallore del ventre
dunque in disperata purità
là dove la miseria
escludendo vergogna
è la modesta via maestra
verso la dignità –
ecco io allora scorgo il corpo di Gesù.



Bllomington, Indiana






Dardo 79



            Il corporale crollo ha sempre in sé
qualche cosa di comico.
Abituarsi a morire è imparare
a sorridere (non ridere soltanto)
di se stessi.



Laghetto di Linsley







Dardo 98



      Sento a volte una voce di pastora
sull’altra riva del lago – una voce
un po’ roca e velata (è una pastora
che non disdegna il bere e l’abbracciare):
“Fammi morire, che ti voglio bene.”






lunedì 20 novembre 2017

GATTI in Poesia

Foto Lorenzo Ragni








Bianca di luna a febbraio
la terrazza è smisurata
Il gatto è la duna del deserto
che assedia la città
Indistinta - più in là
abita un'altra razza



Benito Sablone - "Langelo di Redon" (1989 - 1996) 
Edizioni Tracce 2000



















ARSENIO


                                                                                          Da quando sono rientrato, erano circa le 18,
                                                                   non ha fatto neanche un miao.
                                                                Patrocinano Webber Pie Jesu
                                                         e In Paradisum di Fauré.

se ne sta andando
tenero e silenzioso come è sempre stato.
Prego i rintocchi serali del villaggio
di farsi anche loro bisbiglio,
qui c'è una tana schiarata solo dalle luci di Natale
accese un mese prima.

Gli ho poggiato una piccola borsa d'acqua calda
tra i reni e il plaid che sa di Scozia e Portogallo

           "dài su, fammi un po' di posto,
            vengo anch'io lascia che mi acciambelli anch'io"

andiamo via insieme nel soffio di questo Agnus Dei
via insieme da questi battiti dolenti
dal pandemonio di graffi su tutti questi specchi.



Antonio Alleva - "Ultime corrispondenze dal villaggio" 
Il Ponte del Sale 2017


Foto Lorenzo Ragni


IL GATTO IN UN APPARTAMENTO VUOTO


Morire - questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato.
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.

Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.

Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade come dovrebbe.
Qui c'era qualcuno, c'era,
poi d'un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.

In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.

Che lui provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti né squittii.



Wislawa Szymborska - "Amore a prima vista" - Adelphi 2017
A cura di Pietro Marchesani


  
Foto Lorenzo Ragni