giovedì 28 dicembre 2017

Quell’ateismo è umanismo – Giulio Rapposelli –








Quell'ateismo è umanismo

Di Felice Edizioni, 2017



L’ultimo lavoro letterario che Giulio Rapposelli ci consegna, è un Saggio che affronta un tema diventato sempre più scottante dal secondo dopoguerra ai giorni nostri: Il dissidio tra ragione e fede nell’uomo moderno.
Già nel 1946, sulle macerie di un’Europa devastata non solo materialmente ma anche e soprattutto spiritualmente, Alberto Moravia, nel Saggio “L’uomo come fine”, asseriva che “sul piano storico, ossia sul piano concreto, la sua funzione è esaurita. Il cristianesimo è un movimento religioso legato ad uno sviluppo storico, ossia definito nel tempo e nello spazio. Esso rispondeva a certe esigenze, e assolveva certi compiti. Oggi queste esigenze sono cambiate e questi compiti sono stati assolti.”
Nel suo saggio intitolato “Quell’ateismo è un umanismo”, Giulio Rapposelli pone in essere non una apologia dell’ateismo, bensì un percorso argomentativo che, partendo dall’analisi comparativa delle differenti religioni, dall’animismo al politeismo, fino alle grandi religioni monoteiste, ne coglie e sottolinea differenze e analogie, i rimandi e le contaminazioni e, principalmente, la stretta connessione tra queste e le condizioni storiche e psicologiche in cui ciascuna religione è nata.

La fede in Dio, scrive Rapposelli, nasce da quel sentimento, quel pensiero spontaneo dell’uomo primitivo, ma anche di quello moderno seppure con le dovute differenze, che l’uomo costruisce per motivi di protezione e sicurezza, ma anche per quel trovarsi di fronte alla infinita molteplicità della Natura, alla sua doppiezza benevola e pericolosa, all’idea dell’origine di tutto l’esistente, dell’infinito Universo.

Osservazione, questa, che trova molteplici riscontri in testi di argomento teologico e filosofico, basti pensare al saggio sul “Senso religioso” del teologo don Luigi Giussani, il quale, parte dal “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” di Leopardi:
 «a che tante facelle
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren? Che vuol dire questa
solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono... »  
per asserire che il senso religioso è insito nell’uomo sin dalla sua preistoria.
“È la natura stessa della ragione, del nostro pensiero, della nostra coscienza che si pone come senso religioso”.

Lo stesso argomento, visto in un’ ottica laica, ritorna ne “L’ospite inquietante” del filosofo e psicologo Umberto Galimberti il quale afferma che: “Fin dai suoi primordi l’umanità si è difesa dall’angoscia dell’imprevedibile andando affannosamente alla ricerca di nessi di causalità che consentissero, in presenza di un evento, di reperirne la causa. Quando la causa non era reperibile su questa terra, la si cercava in cielo, nell’intervento di Dio. Da qui sono nate le religioni, che rispondono al bisogno irrinunciabile di rintracciare nessi di causalità per non brancolare nel buio e nell’indecifrabile di fronte agli eventi incomprensibili della terra.”

Ora, qui Rapposelli si pone la domanda cruciale: “Al sopraggiungere dell’età della ragione, quand’essa si verifica, la domanda che la persona si pone…è la seguente: devo credere nell’esistenza di Dio e nella religione che la sorregge? Entrambe sono realtà che posso ancora condividere acriticamente, oppure devo ritenere Dio e la religione, creazioni dell’uomo determinate da condizioni psicologiche e storiche arcaiche e che oggi, nel condividerle ledono la mia intelligenza, la mia dignità di persona adulta che dispone di riflessione razionale e di pensiero logico, nonché delle conoscenze scientifiche acquisite?

Quell'ateismo è umanismo

Perché “quell’ateismo” e non “l’ateismo”? Perché così come esistono una fede di massa (superficiale) e una fede consapevole, così esistono un ateismo di massa e un ateismo consapevole, che la persona raggiunge tramite l’uso di un razionalismo oggettivo, il pensiero dialettico e l’esperienza. In questo ateismo nuovo, evoluto, che la persona ha raggiunto attraverso la riflessione logica, e la conoscenza delle maggiori acquisizioni delle scienze umane e della scienza in generale, egli si muove fisicamente e intellettualmente in un mondo reale, in cui la persona può evolvere nella sua natura ed espandersi nelle sue positive potenzialità. Ed è per questo che il secondo tipo di ateismo è umanismo, cioè promozione e sviluppo delle migliori potenzialità umane da potersi esprimere nella vita individuale e nelle relazioni.”
Dunque è attraverso il pensiero dialettico, che Rapposelli approda all’umanismo, ossia, una filosofia etica che afferma la dignità e il valore di tutte le persone, basata sull’abilità di determinare cosa è giusto e cosa sbagliato appellandosi a qualità umane universali, particolarmente alla razionalità.
L’umanismo può essere considerato come un processo attraverso il quale la verità e la moralità sono scoperte per mezzo dell’investigazione umana.
Focalizzandosi sulla capacità di autodeterminazione, l’umanismo rifiuta giustificazioni trascendentali, così come la dipendenza dalle credenze senza ragione, il soprannaturale o i testi che hanno presunta origine divina.

Tuttavia l'ateismo consapevole non esclude la spiritualità’ in quanto “La spiritualità non consiste nella credenza in un Dio, né lo è la pratica religiosa che esprime la fede. E ciò perché Dio è una invenzione culturale dell’uomo, una sua proiezione, mentre l’Assoluto Universo e l’Energia che lo compenetra sono sempre esistiti…”
Un'etica laica esclusivamente umana è dunque possibile, in quanto l’uomo è capace di operare una scelta etica del buon comportamento, fatta spontaneamente e in autonomia, tramite il ragionamento logico che porta alla comprensione del motivo che è all’origine del comportamento, ma anche della convenienza dell’agire etico.

Quanto letto ci rimanda ai fondamenti dell’etica Kantiana in cui la legge morale è imperativo categorico dell’agire umano, come ricordiamo dalla “Critica della ragion pratica”: “Due cose riempiono l’anima di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendentale, fuori dal mio orizzonte. Io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza”.

In questo suo ultimo saggio, pubblicato postumo dalla casa editrice Di Felice, Giulio Rapposelli auspica una emancipazione della natura umana dalla cultura schizofrenica occidentale, che, attraverso la separazione delle dimensioni maschile e femminile, l’imposizione di falsi valori quali la competizione, il consumismo, il profitto, porta a dinamiche personali e interpersonali distruttive.
Muovendo a favore di un’etica che riporti al centro della vita sociale l’identificazione con l’altro, la solidarietà, la tolleranza… Rapposelli afferma che l’uomo può darsi da solo delle regole di comportamento vantaggiose alla convivenza in società per tutti…
A questo punto Dio non sarebbe più utile all’uomo, in quanto L’amore tra gli uomini rende inutile Dio.





Maria Grazia Di Biagio

(Dagli appunti per la prima presentazione a Pescara: Mediamuseum, Aprile 2017)



Psicoterapeuta e scrittore, Giulio Rapposelli nasce a Pescara il 19 dicembre 1942. Si trasferisce a Roma agli inizi degli anni settanta, dove si interessa di sceneggiatura e regia cinematografica,
mentre segue il corso di psicologia clinica presso l'Università La Sapienza.
Nel 1978 scrive il suo primo romanzo "Una certa inclinazione".
Dopo un lungo periodo, in cui si dedica esclusivamente alla sua professione di psicoterapeuta, nel 2005 pubblica il romanzo "Raggiungere Venezia" (Manni), seguito da "Romanzo civile", "Il giardino infinito" e "Indagine sul sogno" tutti con Robin Editore.
"Quell'ateismo è un umanismo" è la sua ultima opera, il suo testamento civile e spirituale.
Muore il 4 marzo 2016.

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