lunedì 12 febbraio 2018

Luigi Paraboschi - Quattro poesie fra amore e disincanto -

                     Poesia Italiana Contemporanea






Paesaggio con Marina a vista

                            
Avremmo potuto vivere
anche dentro un frutto di melograno
tu ed io, e raccontarci le tenerezze
acidule delle nostre contraddizioni

ma quando c'incontrammo
non avevamo più fogli bianchi
nelle Moleskine, quel poco di noi
ch'era di fantasia fummo costretti
ad annotarlo a margine
dove c'era poco spazio

ma la traccia era già scritta
non si poteva fare finta che....

Illudersi come amanti in buona fede?

Sopra di noi gravava un segno
a prescindere da noi,una circoncisione
che ci impediva di nascondere
l'appartenenza, no,  tu eri
un bigné quaresimale
ed io un controsenso diventato sogno.

Meglio così com'è rimasto
senza consumarsi, ti tengo
nel ricordo d'una fotografia
e tu m' invii ancora qualche verso
per il benestare, ma se ancora succede
che ti penso, mi sciolgo nel pensiero
dei tuoi fianchi e in quegli occhi
che in troppi hanno desiderato.




                    Certo, c’incontreremo


                   Certo, c’incontreremo a video spenti
                   davanti al sagrato d’una chiesa, oppure
                   in una città distesa sopra l’acqua, là
                   si perderà l’incontro tra due mature
                   storie costruite sopra parole cancellate.

                   Ti porta ora lontano il primo freddo
                   che smorza il tardo fiore giallo
                   delle zucche e lascia dentro il solco
                   gli ultimi pomodori, quelli immaturi
                   come noi, a concimare per un’altra primavera.

                   Nebbia e stanche poesie, commenti deja vu
                   ci faranno un po’ di compagnia, l’autunno
                   velerà la tue caviglie con le autoreggenti
                   e la ricchezza dei tuoi seni sarà
                   solo per un occhio usa e getta.

                   Tutto prima di vivere, assassinato
                   come un bambino in fasce nella culla,
                   passi perduti alla ricerca d’una colpa,
                   ma chi se non il tempo che non dà tregua
                   ai sogni, e questa lucidità che ci corrode
                   e incancrenisce anche la volontà di viverci
                   da dentro e disperati, anche per un istante ?

                   Chiudo ormai gli occhi alla speranza
                   di traghettare sulla tua sponda queste nevrosi
                   e mescolarle con la tua risata e con la voce
                   che talvolta invoca ancora la carezza.

                   Guarderai  un giorno con disincanto
                   la fila dei tuoi vestiti nell’armadio
                   dubbiosa se calzare prima o poi
                   quel paio di scarpe rosse  trasgressive
                   e non vedrai dentro lo specchio
                   la mia figura sopra la tua spalla,

                   ti cingerò la vita e sarà sera.



        
         Parole con l'acquerello


         Scrivo con l'acquerello sopra fogli di carta riciclata,
         e quando con le piogge di novembre ti coleranno
         dalle ciglia le parole, si formeranno pozze d'acqua nera
         sulla tavola ove  siedi per la cena solitaria.

         Non dall'Amiata come Arsenio ti mando le notizie
         ma dalla Bucovina imperiale ov'è settembre ancora
         con la sua bella luce che s'adagia sopra le foglie
         ed incendia l'arancio delle tende sopra le terrazze.

         E' domenica di preghiera silenziosa - minoritaria
         come una poesia - con giochi chiari sopra i tetti
         chiazze scure d'ombra sotto i tigli e pennellate
         blu di Prussia che sfumano i tronchi maculati

         ma è anche gioventù, è vita quella che rastrema i muri
         dove il giorno esplode di colore e l'erre blesa
         delle turiste inglesi slitta sopra i bicchieri
         e sulle tazze, ed è stupendo pensare senza sapere

         di pensare, gustare questo tempo, immobili come
         si gode un quadro terminato ma ancora senza firma
         ora che i ricordi sono le ombre perse degli indirizzi
         che non oso digitare mentre scrivo parole disossate

         e mi dissanguo in questo silenzio pieno, e tramato
         con  piaghe da decubito sull'anima, ma tu non le puoi
         ammorbidire perché t'ho chiuso il labbro a filo doppio
         mentre salivi gli scalini d'un treno verso il mare.





Requiem per due lampadine fulminate


I tuoi silenzi d’ossidiana sono come il gelo nelle grondaie
di Pietroburgo che inizia con novembre e dura fino a marzo
ed è inverno anche sulle imposte di questa casa sugli Appennini
ove pronuncio parole acciottolate nella sera di mezza estate
e m’illudo che rassomiglino a preghiere, ma sorridono
i miei Penati perché nulla dei nostri crucci li coinvolge,

restiamo solamente tu ed io e le nostre deboli volontà
per allargare questo vallo di Adriano ed allagarlo poi
senza il conforto di credere più alle parole
che non sappiamo più scrivere ed imbucare,
forse le pensiamo ma le lasciamo scorrere giù dai vetri
sperando che il disgelo che verrà ce le riconsegni intatte.

Qui resto con le labbra dubitanti, e sgretolo di te
ogni dolcezza, qui scavo fosse ove seppellisco
versi sulle nostre stagioni di aspra lontananza
ed ora il mio pacemaker quasi non manda più impulsi
troppi sono i bypass per i tubi incrostati della memoria.

È ora di staccare i fili del mio monitor, anche s’è
ancora viva sullo schermo la riga lunga della tua risata,
non mi so decidere a premere il pulsante off, forse tu
l’hai già fatto, ma io ti conservo in vita come si fa
talvolta con quelle lampadine che ci appaiono fulminate
e poi, se le scrolli un poco tra le mani, i fili prendono
la corrente e si fa luce attorno, anche se per poco.














                                          
Luigi Paraboschi vive a Piacenza. Ha pubblicato due libri di poesia :
nel 2007 – la raccolta "Il peso delle foglie
nel 2009 – la raccolta "Geometrie precarie

Collabora con la Fanzine di poesia Versante Ripido



                            








1 commento:

Anonimo ha detto...

Il sentimentalismo proscritto dal sentimento : questo è forse l'aspetto più vistoso di questi testi , tra partecipazione e distacco , come è giusto che sia . Il tutto declinato dalla bella epressività del linguaggio , in uno classico e moderno , certamente molto personale , subito distinguibile .
Grato
leopoldo attolico -

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