venerdì 19 gennaio 2018

Eugenio Montale - Non chiederci la parola - Poesia scelta da Patrizia Sardisco




È impossibile, credo, scegliere una poesia tra le innumerevoli che ci sono care.
Per il tuo interessante progetto, tuttavia, mi pare che questa possa contribuire a chiarire cosa sia per me la poesia.
Essa stessa, come è noto, si pone quale manifesto di poetica e ciò che in particolare mi appartiene è la dichiarazione dell’impossibilità di comunicare, attraverso la parola, il mutevole fluire degli stati d’animo, e la tensione del poeta, malgrado questa sua consapevolezza, a fissare, a rendere, a rappresentare l’animo “informe”.
Ancora, trovo sublime la lucidità con la quale il poeta rinunzia a ergersi a custode di valori universali affermando, con grande onestà intellettuale, come non si possano proporre soluzioni definitive e verità assolute: se pensiamo che si tratta di una poesia scritta nel 1923 non possiamo non sorprenderci della sua straordinaria attualità e della grande lezione di umiltà che in tanti dovremo apprendere.


Patrizia Sardisco






Non chiederci la parola




Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri e a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

                                                                      

È impossibile, credo, scegliere una poesia tra le innumerevoli che ci sono care.
Per il tuo interessante progetto, tuttavia, mi pare che questa possa contribuire a chiarire cosa sia per me la poesia.
Essa stessa, come è noto, si pone quale manifesto di poetica e ciò che in particolare mi appartiene è la dichiarazione dell’impossibilità di comunicare, attraverso la parola, il mutevole fluire degli stati d’animo, e la tensione del poeta, malgrado questa sua consapevolezza, a fissare, a rendere, a rappresentare l’animo “informe”.
Ancora, trovo sublime la lucidità con la quale il poeta rinunzia a ergersi a custode di valori universali affermando, con grande onestà intellettuale, come non si possano proporre soluzioni definitive e verità assolute: se pensiamo che si tratta di una poesia scritta nel 1923 non possiamo non sorprenderci della sua straordinaria attualità e della grande lezione di umiltà che in tanti dovremo apprendere.
Patrizia Sardisco





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