Ich setzte den Fuss in die Luft
und sie trug.
Poggiai il piede nell’aria
e lei resse.
da “Gesammelte Gedichte” – S. Fischer Verlag Frankfurt 1987
Ziehende Landschaft
Man muß weggehen können
und doch sein wie ein Baum:
als bliebe die Wurzel im Boden,
als zöge die Landschaft und wir ständen fest.
Man muß den Atem anhalten,
bis der Wind nachläßt
und die fremde Luft um uns zu kreisen beginnt,
bis das Spiel von Licht und Schatten,
von Grün und Blau,
die alten Muster zeigt
und wir zuhause sind,
wo es auch sei,
und niedersitzen können und uns anlehnen,
als sei es an das Grab
unserer Mutter.
Paesaggio in
movimento
Bisogna saper andare via
e tuttavia essere come un albero:
come avessimo radici confitte nel terreno,
come se il paesaggio si muovesse e noi stessimo fermi.
Bisogna trattenere il fiato,
finché non cessa il vento
e l’aria forestiera inizia a circondarci,
finché il gioco di luci e ombre,
di verde e blu,
mostra le antiche prove
e siamo a casa,
ovunque essa sia,
e possiamo star seduti e appoggiarci,
come fosse alla tomba
di nostra madre.
Nur eine Rose als
Stütze
"Ich richte mir ein Zimmer ein in der Luft
unter den Akrobaten und Vögeln:
mein Bett auf dem Trapez des Gefühls
wie ein Nest im Wind
auf der äußersten Spitze des Zweigs.
Ich kaufe mir eine Decke aus der zartesten Wolle
der sanftgescheitelten Schafe die
im Mondlicht
wie schimmernde Wolken
über die feste Erde ziehen.
Ich schließe die Augen und hülle mich ein
in das Vlies der verläßlichen Tiere.
Ich will den Sand unter den kleinen Hufen spüren
und das Klicken des Riegels hören,
der die Stalltür am Abend schließt.
Aber ich liege in Vogelfedern, hoch ins Leere gewiegt.
Mir schwindelt. Ich schlafe nicht ein.
Meine Hand
greift nach einem Halt und findet
nur eine Rose als Stütze."
Solo una rosa a
sostegno
Mi arredo una stanza nell’aria
tra gli acrobati e gli uccelli
il mio letto sul trapezio del sentimento
come un nido nel vento
sulla punta più alta del ramo.
Mi compro una coperta della lana più fine
delle pecore mansuete che
al chiaro di luna
come nuvole luccicanti
passano sulla terra solida.
Chiudo gli occhi e mi avvolgo
nel vello dei fidati animali
Voglio sentire la sabbia sotto i piccoli zoccoli
e sentire lo scatto della serratura
che chiude la porta della stalla la sera.
Ma io giaccio in piume di uccelli, cullata lassù nel vuoto.
Ho le vertigini. Non mi addormento.
La mia mano
cerca un appiglio e trova
solo una rosa a sostegno.
Es gibt dich
Dein Ort ist
wo Augen dich ansehen.
Wo sich Augen treffen
entstehst du.
Von einem Ruf gehalten,
immer die gleiche Stimme,
es scheint nur eine zu geben
mit der alle rufen.
Du fielest,
aber du fällst nicht.
Augen fangen dich auf.
Es gibt dich
weil Augen dich wollen,
dich ansehen und sagen
daß es dich gibt.
Tu ci sei
Il tuo posto è
dove occhi ti guardano
Dove s’incontrano occhi
tu hai origine.
Sorretto da un grido,
sempre la stessa voce,
sembra essere la sola
con cui tutti gridano.
Sei caduto
ma non precipiti.
Gli occhi ti afferrano al volo.
Tu ci sei
perché occhi ti
vogliono,
ti guardano e dicono
che tu esisti.
Auf Wolkenbürgschaft
für Sabka
Ich habe Heimweh nach einem Land
in dem ich niemals war,
wo alle Bäume und Blumen
mich kennen,
in das ich niemals geh,
doch wo sich die Wolken
meiner
genau erinnern,
ein Fremder, der sich
in keinem Zuhause
ausweinen kann.
Ich fahre
nach Inseln ohne Hafen,
ich werfe die Schlüssel ins Meer
gleich bei der Ausfahrt.
Ich komme nirgends an.
Mein Segel ist ein Spinnweb im Wind,
aber es reißt nicht.
Und jenseits des Horizonts,
wo die großen Vögel
am Ende ihres Flugs
die Schwingen in der Sonne trocknen,
liegt ein Erdteil,
wo sie mich aufnehmen müssen,
ohne Paß,
auf Wolkenbürgschaft.
Con l’avallo delle
nuvole
per
Sabka
Ho nostalgia di una terra
in cui non sono mai stata,
dove tutti gli alberi e i fiori
mi conoscono,
dove non vado mai,
dove però le nuvole
di me
ben si ricordano,
uno straniero, che
in nessuna casa
può sfogare il suo pianto.
Io parto
verso isole senza porto,
getto le chiavi in mare
al momento di salpare.
Non arrivo da nessuna parte
La mia vela è una ragnatela al vento,
ma non si strappa.
E di là dall’orizzonte,
dove i grandi uccelli
alla fine del volo
si asciugano le ali al sole,
si trova un continente,
dove mi dovrebbero ospitare,
senza passaporto,
con l’avallo delle nuvole.
Unaufhaltsam
Das eigene Wort,
wer holt es zurück,
das lebendige,
eben noch ungesprochene
Wort?
Wo das Wort vorbeifliegt
verdorren die Gräser,
werden die Blätter gelb,
fällt Schnee.
Ein Vogel käme dir wieder.
Nicht dein Wort,
das eben noch ungesagte,
in deinen Mund.
Du schickst andere Worte
hinterdrein,
Worte mit bunten, weichen Federn.
Das Wort ist schneller,
das schwarze Wort.
Es kommt immer an,
es hört nicht auf an-
zukommen.
Besser ein Messer als ein Wort.
Ein Messer kann stumpf sein.
Ein Messer trifft oft
am Herzen vorbei
Nicht das Wort.
Am Ende ist das Wort,
immer
am Ende
das Wort.
Inarrestabile
La propria parola
chi la riporta indietro
la vivace
per un soffio impronunciata
parola?
Dove svolazza la parola
appassisce l’erba
le foglie ingialliscono
cade la neve.
Un uccello tornerebbe a te.
Non la tua parola,
quella non detta per un soffio,
nella tua bocca.
Spedisci altre parole
successivamente
parole con morbide piume colorate.
La parola è più veloce,
la parola nera.
Arriva sempre
non la smette di
arrivare.
Meglio un coltello che una parola.
Un coltello può essere spuntato.
Un coltello colpisce spesso
trapassando il cuore.
Non la parola.
Alla fine è la parola,
sempre
alla fine
la parola.
Hilde Domin (Colonia, 27 luglio 1909 – Heidelberg, 22
febbraio 2006)
Poetessa ebrea di nazionalità tedesca, nata col nome
Löwenstein, decide di cambiarlo in Domin dopo l'esilio trascorso nella
Repubblica Dominicana. Nel 1929, dopo il diploma al Liceo umanistico femminile
di Colonia, H. Domin decide d'iscriversi alla facoltà di giurisprudenza
all'università di Heidelberg, insoddisfatta, decide di cambiare in Teoria
economica e Sociologia. È qui che conosce il suo fidanzato Erwin Walter Palm,
studente d'archeologia.
A causa dell'imminente ascesa del Nazionalsocialismo, Hilde
Domin preferisce andare a vivere a Roma con il fidanzato. Durante il soggiorno
in Italia ottiene un dottorato di ricerca in Scienze Politiche a Firenze, ma
nel 1939 è costretta con il compagno a lasciare l'Italia. Inizialmente si
recano in Inghilterra, dove Hilde può
riabbracciare i genitori, ma nell'estate del 1940, a causa dell'invasione
nazista, è costretta a ripartire. I divenuti coniugi Palm, si recano nella
Repubblica Dominicana, dove Erwin ottiene la cattedra di docenza in storia
dell'architettura all'università di Santo Domingo e Hilde inizia a lavorare
come lettrice di tedesco. La morte della madre, avvenuta nel novembre del 1951,
coincide con l'inizio della scrittura di Hilde Domin.
Nel 1955 si recano in Spagna per tornare definitivamente in
Germania solo a partire dal 1957. A Francoforte sul Meno, dove vivono per i
primi sei mesi, la Domin inizia a
pubblicare per le riviste «Akzente» e «Neue Rundschau», nel 1959 viene
pubblicata la prima raccolta di liriche (Nur eine Rose als Stütze), cui farà
seguito una notevole produzione, qui segnalo solo alcune: nel 1962 la raccolta
Rückkehr der Schiffe, nel 1964 Hier, Gesammelte Gedichte nel 1987.
Insignita di numerosi
premi letterari , nel 1989 le viene assegnata la cattedra di Poetica
all'università di Magonza. Seguono altri riconoscimenti finché all'età di 96
anni, Hilde Domin muore a Heidelberg , il 22 febbraio 2006.
In Italia troviamo le sue poesie tradotte in due raccolte
curate da Paola Del Zoppo e Ondina Granato per i tipi di Del Vecchio Editore:
“Con l’avallo delle nuvole”
2011
“Alla fine la
parola” 2012