“Abitavo la luce”
Tabula Fati 2016
Dalla
Presentazione di Vito Moretti
Gli aspetti
che da sempre caratterizzano la poesia e l’impegno creativo di Benito Sablone,
e che ancora in questa raccolta si ripropongono con sorprendente coerenza, sono
la consapevolezza d’una condizione di mistero che è propria dell’esistenza,
l’allusione ad una pregnanza dell’essere che va ricercata nel giuoco
accattivante e speculare di realtà ed apparenza (e di positivo e negativo, di
spirito e materia, di vero e falso) e il sentimento d’una fuggevolezza dei
sogni e delle passioni che solo la parola – la parola esemplare del poeta – può
rendere reversibile ed esausta e scandire persino fra le forme declinate e gli
artifici sociali e culturali della storia.
*
Abitavo la
luce
deliravo in
sensi sconosciuti
partiva da
me
o chissà da
dove
un aereo
plasma incandescente
fuso in
questa forma
che ad altre
riconduce
- mi attardo
in un
destino provvisorio
Per la
nascita
furente sono
– e le antiche porte
d’avorio e
di corno
sono
precluse
fino alla
morte
*
Nemmeno un
soldo bucato
- miraggio
dell’uomo sulla gradinata –
darei –
nemmeno un soldo bucato
Molte cose
dalle foglie del melo
oscillano –
un colore un sapore
un’aurora un
sospiro
il canto
frenetico del beccaccino
- E sulla
gradinata
dove il
soldato il mercante
il principe
il conte
il rosso
prelato
hanno
consumato un breve destino
qualcuno col
mio nome
non un soldo
bucato
riceve
per il suo –
il mio breve destino
*
Era la terra
un basalto
un occhio
rivoltato
- dietro
teneva il rivolo
del fiume
alle parole
chiuse che
dall’alto
impietrivano
Nella luce
uguale
pendevano le
nuvole
feroci –
qualche stelo
guardava
disperato
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