domenica 16 ottobre 2016

Benito Sablone


“Abitavo la luce” 

Tabula Fati 2016

Dalla Presentazione di Vito Moretti

Gli aspetti che da sempre caratterizzano la poesia e l’impegno creativo di Benito Sablone, e che ancora in questa raccolta si ripropongono con sorprendente coerenza, sono la consapevolezza d’una condizione di mistero che è propria dell’esistenza, l’allusione ad una pregnanza dell’essere che va ricercata nel giuoco accattivante e speculare di realtà ed apparenza (e di positivo e negativo, di spirito e materia, di vero e falso) e il sentimento d’una fuggevolezza dei sogni e delle passioni che solo la parola – la parola esemplare del poeta – può rendere reversibile ed esausta e scandire persino fra le forme declinate e gli artifici sociali e culturali della storia.





*
Abitavo la luce
deliravo in sensi sconosciuti
partiva da me
o chissà da dove
un aereo plasma incandescente
fuso in questa forma
che ad altre riconduce
- mi attardo
in un destino provvisorio

Per la nascita
furente sono – e le antiche porte
d’avorio e di corno
sono precluse
fino alla morte




*
Nemmeno un soldo bucato
- miraggio dell’uomo sulla gradinata –
darei – nemmeno un soldo bucato

Molte cose dalle foglie del melo
oscillano – un colore un sapore
un’aurora un sospiro
il canto frenetico del beccaccino
- E sulla gradinata
dove il soldato il mercante
il principe il conte
il rosso prelato
hanno consumato un breve destino
qualcuno col mio nome
non un soldo bucato
riceve
per il suo – il mio breve destino



Era la terra un basalto
un occhio rivoltato
- dietro teneva il rivolo
del fiume alle parole
chiuse che dall’alto
impietrivano

Nella luce uguale
pendevano le nuvole
feroci – qualche stelo
guardava disperato


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