Una
domenica di pioggia
Dall’auto in sosta inseguo
una figura dispersa nel sogno,
dietro
vetri appannati
coppie frettolose fuggono dal vento
che rovescia gli ombrelli e le gonne,
le foglie tremano dentro
un grigio uniforme
già scivolato nel buio
e
cerco risposte alla Parola ascoltata
ma tu non odi
la mia,
tu, distratta, sei rivolo d’acqua
che cola si spezza e si perde
sei una
riga interrotta della mia vita.
Stava
il tuo viso bello
come
una delle demoiselles
d'Avignon
dentro un triangolo
isoscele
mentre scostavi i capelli
davanti
a quella ragazzetta
che singhiozzava sottovoce
ed
avevi gli occhi del blu
identico
al blue rider che
avevamo
ammirato nella galleria.
Ci
fu solo un istante per noi
sopra
l'orlo del tuo bicchiere
prima
dello squillo del cellulare
e
della tua tosse secca, ma hai detto
“ l'insalata
riccia mi fa sempre tossire”
e
mascheravi le mandorle dei denti.
Fuori
ci inseguì quel venditore afgano
di vetri color corallo,
sotto gli ombrelli
due
passi più avanti a scansare
pozzanghere
e tappeti di foglie secche
ci
salutammo per ogni volta
che
non ci sarebbe stata, davanti
al
metrò della Rinascente
mi
tenni la tua figura sul sagrato
ed
i bottoni beige del cappotto azzurro
il
neo scuro tra i seni grandi,
pochi ricordi di una storia
che
tu volevi solo d’amicizia
e
ch’io completavo col desiderio.
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