Dante Marianacci è nato ad Ari
(Chieti) e attualmente vive a Pescara dopo aver trascorso trent’anni in giro
per il mondo come dirigente culturale del Ministero degli Affari Esteri. Poeta,
narratore e saggista, ha pubblicato una trentina di volumi, tra libri di
poesie, romanzi, antologie europee di poesia, narrativa e teatro, oltre a testi
di saggistica, editi in varie lingue, in Italia e all’estero.
Tra le raccolte di poesie si
segnalano: Come il gabbiano (1970), Un viaggio per Tiresia (1975),
Isolette sulla terra (1977), Graffiti (1980), Maschere e
fortilizi (1985), Cronachette praghesi (1990), I ritorni di
Odysseus (1997), Signori del vento (2002), Lettere da Ulcisia (2008,
2011), Sconfinamenti (2010, 2013), Scenari
della mente (2016).
È tradotto in undici lingue e ha
tradotto in italiano, tra gli altri, testi poetici di Lawrence ferlinghetti, Vladimir
Holub, Yang Lian, Charles Tomlinson.
È presidente del Centro Nazionale di
Studi Dannunziani e vice presidente della fondazione Edoardo Tiboni per la Cultura.
Ha fondato e dirige da sedici anni la
rivista di cultura internazionale Italia & Italy.
Selezione poesie 1965-2016
Da "Maschere e fortilizi"
FORSE LA VITA
Forse la vita è un romantico
esistere
senza perdono, hai ragione
ragazza
che sai disseccare le pene,
deridere
il tempo e gioire di noia.
Non canta l’uccello che
squadra
l’incàvo nel noce, non grida
il ragazzo che gioca sul
rialzo
a strapiombo sul mare,
s’incanta
soltanto. Un uomo vorrebbe
coprirsi
d’un velo di polvere bianca
ma resta scoperto nel sole
cullato da un giunco nel
vento,
a percorrere strade, a mutare
stagioni.
Da "Come il gabbiano"
TRA LE CIME VAGHE DEGLI OLMI
Tra le cime vaghe degli olmi
s’inerpica l’uccello
solitario
(la ciurma è nel querceto).
Evanescente l’ultimo raggio
Nel portico antico si staglia
e l’Appennino rosato
rinnovato ha i suoi colori.
Confuso lo sguardo speranzoso
Del vecchio
Si perde laggiù tra le cimase
Cercando di scoprire qualcosa
Che non torna a la memoria.
TRA LE COLONNE SECOLARI
Tra le colonne secolari
s’espande l’incenso alle
folle del mondo.
Maidì, fiore di pietra
invano cercammo il tuo
mistero
sugli aspri monti della
Migiurtinia.
A un passo dal cielo
immutato allora come ora il
tuo silenzio
se solo un’ombra lasci sulla
pietra.
Né il vecchio libro sa
raccontarmi
più di un’antica storia
d’amore
che infinita duri alle grazie
del sole.
Da “Graffiti”
LETTERA
A SEIFERT
Fianco
a fianco percorriamo itinerari insoliti
piste
desuete agli indiscreti occhi di chi è straniero.
I
tuoi versi risuonano come tamburi
nelle
mie orecchie svagate e dei tuoi amici poeti
che
tu hai amato, che io ora amo.
È
vero che la vita sfugge come l’acqua tra le dita
prima
ancora ch’io possa placare la mia sete.
È
vero che la vita fugge come l’acua tra le dita
prima
ancora ch’io possa placare la mia sete.
È
vero che non amano gli anni gli amori eterni
e
i lunghi sogni che vengono al mattino rapidamente
svaniscono.
È vero che sono i poeti a portare in tasca
le
chiavi del mondo e pur se non s’intendono di leggi
sanno
d’essere stati condannati a vita.
È
vero. È vero. Tutto quello che dici è vero.
Ma
dimmi, tu che sei stato il più incantato cantore
di
questa maledetta voliera di Boemia, dimmi
dove
cercare i seni dolci che sanno di mughetto,
e
i cherubini, e i gelsomini, e le clessidre, le nuvolette,
i
merletti e tutte le cose tue leggere e vaganti.
Ha
una doppia vita questa bellissima donna capricciosa
e
ogni giorno inventa, occulta, si trasforma,
incenerisce,
faville sprizza, fino a quasi sprofondare
nell’abisso
o a toccare le vette della luce.
Da "Cronachette praghesi"
IL SIGNORE DI BALLANTRAE
Non
c’era un alito di vento. Non c’era pioggia.
Una
insolita calma regnava
e
il tempo rampicava come le rose
nei
giardini dell’infanzia.
Un
altro signore di Ballantrae
ramingava
all’alba per i vicoli deserti
della
città vecchia.
Ramsay,
Scott, Burns, Stevenson, Fergusson
Conan Doyle, MacDiarmid, Edwin Morgan
Conan Doyle, MacDiarmid, Edwin Morgan
repentina
è cambiata la mappa
del
tuo vocabolario.
Lasciato
il ponte di statue sul grande fiume
un
mare si è aperto inesplorato
e
ti ha riportato indietro nel tempo
a
un lontano cantuccio di focolare
quando
un libro illustrato di pirati
ti
faceva tanto fantasticare d’altre terre e miti.
Era
allora Edimburgo solo un punto
nella
magica sfera del tuo immaginario
e
la Lucia di Lammermoor
poco
più che un sogno di Donizetti.
Eccoti
dunque alfine giunto
in
questa nordica Atene
dove
fascino e contraddizioni
vanno
ancora a braccetto con la storia.
Da "Signori del vento"
LA LINEA D’OMBRA
La linea d’ombra
che segue l’orizzonte dei
pensieri
s’ingolfa al primo raggio di
poesia.
Non è un miraggio
il fragile sentiero che
conduce
al desiderio velato di un
approdo.
Si fa voce a fatica il
lamento
e bianche colombe affoltano
il tuo cielo
d’altre vaghezze, d’un
azzurro pallido.
A malapena stinge
il biancore dell’anima.
Se ti risvegliassi ora
alla fanciullezza
se ancora ti svegliassi
al suono gaio delle campane
e delle rondini appena
tornate
che danzano a festa nell’aria
sotto la tua finestra di
luce?
Non siamo noi solo bambini
spaventati
creature fragili e sgomente?
Così ripete impaziente il
filosofo
nel libro aperto sulla
scrivania.
E’ notte, è ancora notte
grida il viandante
intirizzito
nella deserta radura, rompe
l’incanto
e ti proietta dentro
uno schermo impazzito
d’un inverno freddissimo da
lupi.
L’ultima lampada lentamente
si spegne
sul nudo palcoscenico del
mondo.
da "Lettere da Ulcisia"
L’ORIZZONTE INQUIETO
Ora vorrei fermarmi qui
e non partire più.
E’ tempo di pensare
di serrare le porte
alle stanze dei sogni
riporre nel soffitto
le mappe già segnate
e svendere i bagagli
al primo viaggiatore
di passaggio.
Ora vorrei fermarmi qui
e non partire più
curare le fresche aiuole
del piccolo giardino
attorno alla mia casa
guardare il mare nostrum
dal colle in lontananza.
Ora vorrei fermarmi qui
e non partire più
ma l’orizzonte è inquieto
e pieno di colori.
Da "Sconfinamenti"
I MARCIAPIEDI
Calpestando i marciapiedi
di città e paesi
avrei voluto specchiarmi
nella limpidezza
di uno sguardo e confondermi
col rossore timido di un viso.
Avrei voluto ammirare il cielo
con gli occhi delle finestre fiorite
di garofani rossi e di gigli
e dei liberi prati di sole.
E nello scampanio di cuori felici
risalire ogni sera ansimante
la scala a chiocciola
fino all’abbaino
ricolmo di preziosi segreti.
Così non è stato
e nel calpestio rumoroso
sulle foglie ingiallite
d’un precoce autunno,
nell’immobilità di un altro cielo,
brucia con freddezza
l’ansia di sguardi inquisitori.
Avrei voluto un giorno scrivere
la poesia perfetta
come il corpo nudo
di una fanciulla conosciuta in sogno
darle forme lievi, insinuanti
come la bellezza inventata
dei capolavori.
Avrei voluto infine costruirmi
una casetta lassù, in un cantuccio
da qualche parte tra le nuvole
e abitarvi a tu per tu con i miei dèi.
Da "Scenari della mente"