Maria Carla Sanna
"La storia di Flora"
Vertigo 2012
Le relazioni ne “La storia di Flora”
Identità
In un luogo di
vacanza in Austria, l’incontro casuale con una vecchina, Jvanka, che scoprirà
essere stata da bambina amica di sua madre Flora, porterà Paola a ripercorrere
la vita difficile e dolorosa di Flora, un racconto che si intreccia con le
vicende della prima e della seconda guerra mondiale. Jvanka vuole sapere e
Paola è costretta, suo malgrado, a “riordinare i pensieri, i ricordi, i dubbi e
tutto ciò che nella mente si va mescolando così come avviene con la biancheria
nel cestello della lavatrice”. Suo malgrado perché “avevo timore di scoprire
qualcosa di spiacevole che avrebbe potuto turbarmi e, quindi, lasciavo che
fosse lei, sporadicamente e spontaneamente, a parlare”. Una sorta di pudore e
di ritegno legati sia alla scarsa confidenza con i genitori tipica di quei
tempi che alla notevole differenza di età tra il padre e la madre. Figlia unica
di madre ansiosa, Paola era sottoposta a regole rigide e, per lei, che aveva
fame di compagnia, l’importante “era uscire di casa”. Il padre, già anziano
quando l’aveva generata, da lei sentito come un nonno, ma senza la
disponibilità dei nonni, da cui ha avuto “l’eredità di alti principi morali” e
che ricorda quando “mi divertivo ad ascoltare incomprensibili frasi in francese
che mi ripeteva quando gliene facevo richiesta”; la madre, la cui vita “non è
stata una scala di cristallo”, costretta a crescere in fretta, nell’estate del
’16, quando il suo paese Vrtojba, che faceva parte dell’impero austriaco, fu
distrutto dall’artiglieria e dalle bombarde italiane. Da lì iniziano le
vicissitudini di Flora e della sua famiglia.
Riflessioni
In un tempo come
il nostro, di modernità liquida (Z. Bauman), in cui il narcisismo è dominante in
molti libri centrati sul culto ossessivo di sé e sul presente, il romanzo di
Carla Sanna appare - direbbe Nietzsche - inattuale, non solo perché la figura
preminente è la madre della scrittrice, ma anche perché, attraverso la madre,
ripercorre un lungo periodo della storia europea, quello della prima e della
seconda guerra mondiale. È comunque un viaggio alla ricerca di sé e delle
proprie radici, attraverso una narrazione che, fin dall’inizio, è fondata sulla
relazione; soprattutto in questo senso, può essere considerato un libro “al
femminile”, per la relazione della figlia Paola con Jvanka, che incontra casualmente
in terra straniera, e per le altre relazioni che Flora intreccia nei suoi
faticosi e dolorosi spostamenti. È come se il libro riuscisse a costruire una
sorta di mappa identitaria, sulla scia dei luoghi in cui è vissuta la
protagonista; identificando luoghi e tempi descritti attraverso le sue relazioni,
dà forma alla sua vita e senso alla storia personale e collettiva. “La storia
di Flora” è contraddistinta da momenti significativi di svolta e di
cambiamento, momenti in cui deve operare una scelta (per esempio decidere di
andare a Milano), ma il viaggio in Sardegna, che avviene attraverso il volo in
idrovolante, sembra più un segno del destino che una decisione presa
consapevolmente. Qual è la visione della vita di Flora? L’immagine della
scacchiera ce la svela: “le pedine sono predisposte in modo non casuale”. Come
si concilia questa visione, che sembra eliminare il libero arbitrio, con la
religione cattolica, che pure la protagonista abbraccia? - Non ci sono risposte
razionali, ci sono solo vite, soprattutto quelle femminili, che fanno della
cura e del dare vita, i cardini della loro esistenza e che poi si trovano a
fronteggiare continuamente la sofferenza e la morte. L’adesione al culto e ai
riti (fare il presepe, dopo un anno dalla morte del bambino, sembra
simbolicamente una rinascita) consola, aiuta a vivere, fa sentire parte di una
collettività, di un dramma condiviso. Ci salvano i rapporti umani, anche tra
“nemici”.
Anna Colaiacovo*
La tela delle assurdità
La “Storia di
Flora” è un romanzo al femminile che
ricostruisce la storia della protagonista (Flora), grazie ad alcune amiche della
figlia Paola, incontrate casualmente in Austria. In sottofondo, la paura della
guerra, il primo e il secondo conflitto mondiale, il coro muto dei civili e dei
militari al fronte, tante giovani vite spezzate, e l’attesa fiduciosa del
ritorno a Vrtojba, un paesino vicino Gorizia, distrutto dalle bombe. Un topos
letterario di stile classico evidenziato con intensità dall’autrice, Carla
Sanna in un romanzo, dal piglio storico-antropologico venato di modernità. La
voce narrante è Paola, che oscilla tra tempo passato e ‘presente storico’, offrendo
al lettore vicende lontane rivissute nel presente. Un buio-luce esistenziale corre
lungo l’iter narrativo con cui Flora assurge a simbolo della condizione umana e
del dolore del vivere, tra dolore, spaesamenti, eventi luttuosi. Si avverte un vagheggiamento
del dolore, accentuato dalla traversie della vita e dagli eventi bellici, un
dolore sommesso e oculato (“la vita non è una scala di cristallo”), che sublima
la protagonista in un’aura di stoica rassegnazione, impenetrabile talvolta per
la figlia Paola che tenta di ‘ritrovare’ la madre senza chiedersi ragione delle
sue sofferenze, pur giustificandole nell’intimo. Paola snoda il filo delle
vicissitudini familiari, l’abbandono del paese natio, Vrtojba, seguendo il
fluire bellico come alibi al dolore. Attraverso il racconto, si tesse la tela
delle assurdità, delle contraddizioni e della sofferenza umana in una sorta di
saga familiare, sulla scia della Fallaci in un “Cappello di ciliegie”, con
piglio espressivo sapientemente controllato dall’autrice. Ne scaturisce un
memoriale lucido, scandito da ricordi ed emozioni di fatti storici intrecciati
al vissuto, che, inevitabilmente, confluiscono nella tristezza del vivere. La
Sardegna, ultimo approdo della protagonista dopo tante peregrinazioni e
miserie, è descritta in penombra emotiva, come interlocutore silente che dà
rilievo e spessore ai personaggi, ma si avverte come il respiro vitale di una
terra (la terra natia dell’autrice), che pulsa nella sua bellezza e, allo
stesso tempo, nella sua precarietà.
(Pubblicato su
La Tenda - febbraio 2014)
Anna Colaiacovo
laureata in filosofia e specializzata in psicopedagogia, ha insegnato storia e filosofia nei licei.
Attualmente si occupa di consulenza individuale (è consulente filosofico Phronesis) e di pratiche filosofiche di gruppo.
Maria Carla Sanna
Nata in provincia di Cagliari nel 1948, ha insegnato materie letterarie nella scuola secondaria di primo grado.
È in pensione dal 2006.
Nel 2008 ha pubblicato IL NETTAPENNE.
laureata in filosofia e specializzata in psicopedagogia, ha insegnato storia e filosofia nei licei.
Attualmente si occupa di consulenza individuale (è consulente filosofico Phronesis) e di pratiche filosofiche di gruppo.
Maria Carla Sanna
Nata in provincia di Cagliari nel 1948, ha insegnato materie letterarie nella scuola secondaria di primo grado.
È in pensione dal 2006.
Nel 2008 ha pubblicato IL NETTAPENNE.
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