“Versi alfabetici”
Ed. QuattroVenti, 2004, Urbino
Un due tre … stella!
Lontano dal “chiasso che assorda
senza ritorno”, Maria Lenti offre al lettore nostalgie di tramonti dietro
colline urbinati, levigando i suoi Versi Alfabetici con un ventaglio di parole
dal tenue lirismo, alternato a tinte “d’agliato sapore”. Il senso profondo del
presente passato è affidato a sintagmi pregnanti, in un vortice di lemmi
semplici o composti, iterati o riplasmati da una inesauribile vena creatrice,
quasi gaddiana. Il suo mondo segreto è, però, un angulus ridens di suoni
archetipici, di formule magiche e filastrocche scovate nel cestino dei ricordi
con cui ridiventa bambina (un due tre … stella!), nel tintinnìo di giochi e
balocchi: “mesto le carte / vinco le storte / prendo le scorte”. Come da un’Ape
Regina, la sua poesia è scritta nell’aria, un “quolibet” d’aria, di salvazione
che scardini la rete “stringente pressante affogante” dell’automatismo
quotidiano. Poesia coinvolgente di compiaciute ironie, in climax di senso, su
“l’assedio di un vuoto ritorno”, intreccio semantico di canto e controcanto.
L’ape dedalea ha sapientemente costruito un alveare cosmico monodico,
privilegiando per sé “un duetto per voce sola”, il cui impatto orchestrale,
affidato a suoni liquidi dal colore evanescente, “stemprate albe avare di
biancori” e ad un canto cantilenato, rimanda all’inconscio, all’aria
primigenia, all’utopia del passato. I timbri assonantici, i quadrimembri
aggettivali, gli interrogativi dubbiosi creano un continuo ondeggiare di senso
e non senso, di suono e segno: un testo nel testo. Vigile e occhiuta, la vis
poetica di Maria Lenti è sempre presente, in voce fuori campo o in soggettiva
mordace: in reimpieghi classici, a mo’ d’intarsio, in versi ad incastro, nella
sentenza oraziana sul “gregge servile”, o quando rimarca “l’adulazione,
l’incensamento, il tornaconto” di una società svilita di senso.
Dall’immediatezza del suo vocabolario sonoro, si anima con parole-immagini l’erba-vocabolario’
“vende male / splende sole / spande sale” che stuzzica la fantasia del lettore
teso su un filo di continui rimandi semantici. Il doppio fondo di una scatola
magica che asserisce e nega, oscura e illumina … per un nonnulla di speranza!
Grazia Di Lisio
Melopea
l’assedio di vuoto ritorno
sulla risata
che dono
(sì, per sempre, si può si può:
sciorina sapido il viso buono).
Ma fine d’ansia vale il perdono?
Pornotipia
adulazioni a raffica
parte sincere parte in tornaconto
tutte in braciere
tracocente tracotante
trottolina rotellina
ancillare parcellare
ondivaga nottivaga
schedulare particolare
incensamento fonico
e lisciamento conico
lustra sviolinata
ultra saponata
croco su maglia
fuoco di paglia
La
luna e la lente
La luna sempre vidi come ovale
un po’ per poesia un po’ per miopia.
Alfine misi l’occhiale:
ed era tonda bella un poco pia.
Ape
regina
vola divina
sola cammina
guarda e perlina
scruta e bulina
parla e ti sfina
ride cielina
aspetta nel parco
indugia al tuo varco
attende sott’arco
serra la morte
dentro le sporte
mesto le carte
vinco le storte
prendo le scorte
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