giovedì 15 febbraio 2018

Maria Lenti: "Versi Alfabetici" letto da Grazia Di Lisio



“Versi alfabetici”

Ed.  QuattroVenti, 2004, Urbino





Un due tre … stella!



Lontano dal “chiasso che assorda senza ritorno”, Maria Lenti offre al lettore nostalgie di tramonti dietro colline urbinati, levigando i suoi Versi Alfabetici con un ventaglio di parole dal tenue lirismo, alternato a tinte “d’agliato sapore”. Il senso profondo del presente passato è affidato a sintagmi pregnanti, in un vortice di lemmi semplici o composti, iterati o riplasmati da una inesauribile vena creatrice, quasi gaddiana. Il suo mondo segreto è, però, un angulus ridens di suoni archetipici, di formule magiche e filastrocche scovate nel cestino dei ricordi con cui ridiventa bambina (un due tre … stella!), nel tintinnìo di giochi e balocchi: “mesto le carte / vinco le storte / prendo le scorte”. Come da un’Ape Regina, la sua poesia è scritta nell’aria, un “quolibet” d’aria, di salvazione che scardini la rete “stringente pressante affogante” dell’automatismo quotidiano. Poesia coinvolgente di compiaciute ironie, in climax di senso, su “l’assedio di un vuoto ritorno”, intreccio semantico di canto e controcanto. L’ape dedalea ha sapientemente costruito un alveare cosmico monodico, privilegiando per sé “un duetto per voce sola”, il cui impatto orchestrale, affidato a suoni liquidi dal colore evanescente, “stemprate albe avare di biancori” e ad un canto cantilenato, rimanda all’inconscio, all’aria primigenia, all’utopia del passato. I timbri assonantici, i quadrimembri aggettivali, gli interrogativi dubbiosi creano un continuo ondeggiare di senso e non senso, di suono e segno: un testo nel testo. Vigile e occhiuta, la vis poetica di Maria Lenti è sempre presente, in voce fuori campo o in soggettiva mordace: in reimpieghi classici, a mo’ d’intarsio, in versi ad incastro, nella sentenza oraziana sul “gregge servile”, o quando rimarca “l’adulazione, l’incensamento, il tornaconto” di una società svilita di senso. Dall’immediatezza del suo vocabolario sonoro, si anima con parole-immagini l’erba-vocabolario’ “vende male / splende sole / spande sale” che stuzzica la fantasia del lettore teso su un filo di continui rimandi semantici. Il doppio fondo di una scatola magica che asserisce e nega, oscura e illumina … per un nonnulla di speranza!
                                                                                                                           


Grazia Di Lisio


                    
  


Melopea


l’assedio di vuoto ritorno
sulla risata
                 che dono
(sì, per sempre, si può si può:
sciorina sapido il viso buono).

Ma fine d’ansia vale il perdono?




Pornotipia


            adulazioni a raffica
parte sincere parte in tornaconto
tutte in braciere
tracocente  tracotante

           trottolina rotellina
           ancillare parcellare
           ondivaga nottivaga

          schedulare particolare

incensamento fonico
e lisciamento conico
lustra sviolinata
ultra saponata

          croco su maglia
          fuoco di paglia




La luna e la lente


La luna sempre vidi come ovale
un po’ per poesia un po’ per miopia.
                    Alfine misi l’occhiale:
ed era tonda bella un poco pia.




Ape regina


            vola divina
            sola cammina
            guarda e perlina
            scruta e bulina
            parla e ti sfina
            ride cielina

           aspetta nel parco
           indugia al tuo varco
           attende sott’arco

           serra la morte
           dentro le sporte

mesto le carte
vinco le storte
prendo le scorte




Nessun commento:

Posta un commento