martedì 6 febbraio 2018

Roberto Alperoli: "Il cielo di oggi" letto da Grazia Di Lisio



“Il cielo di oggi” 
  Incontri Editrice, 2014



                           
            
Nel cielo di oggi


Non all’uomo senza qualità musiliano, all’individuo che si scompone e si lacera divenendo molteplice, ma a chi sa guardare e osservare con l’ottica di Saramago (“se puoi guardare, osserva”) è rivolto il corpus poetico di Roberto Alperoli in brevi sentenze monologanti, piccoli quadri d’esistere, appena velati di melanconia “nell’orfanità / dell’esserci”, dipinti come scatti dell’io, di un io-impressione a “folate di silenzi” e di luce “immensa e commossa”, offrendosi in osmosi sinestetica come poeta del sé. Il “senziente” chiuso in un ‘bisbiglio’ di silenzio - “sono rimasto l’unico / ad affollare / il silenzio del mare” - tra le nebbie del mattino, con lo sguardo incantato sulla tavolozza della mente, come a voler permeare di sé il mondo, a possederlo nell’anima. L’uomo che s’inciela, “pur immersi nell’azzurro / acquacielo”, nel tocco lieve del pittore Capucci (illustratore del libro), in un canto di volti a occhi semichiusi, cullato da cromie esistenziali. Smuovono appena il soliloquio le folate dei platani, i fruscii della luce, i colori della neve su cui il poeta indugia con una forma levigata e stringente in assonanze fonico-concettuali e ossimori pregnanti: “siamo suono e silenzio, / ruggito e respiro / attesa e divinazione”. La voce vera del poeta “rincantucciato / nelle slabbrature del tempo”  ricerca, come in sogno, quella degli ‘antichi’ padri, la voce profonda dell’io che si fa bambino, “il tempo immenso / del bambino” per vivere la sua dimensione umana pur nell’ “inverno” dominante del tempo.
                                                                                                                                                      

Grazia Di Lisio 
(Teramo 26.09.2015)


Il bambino


C’erano solo i filari
di gelo e di brina,
e i fossi,
e il tempo immenso
del bambino
che guarda l’aria

come un mistero
soltanto suo,
un segreto nascosto
nella cavità
del suo nome.



Il padre


Starei qui
rincantucciato
nelle slabbrature
del tempo

a rimirare stordito
l’inverno davanti a me,
le deserte sue parole

e quel vagare di pensieri
immobili
che portano mio padre
nella mia notte senziente.



La madre


È tanto tempo
che non mi manchi più,
che non mi chiami;
eppure sei stata tu

la mano del mio principio,
l’assunto abbagliante
del mio dolore;

finivo in te,
in te mi salvavo.
E adesso che sono qui, salvo,
non so più dove morire.



La neve, la luce, il mare


Immersi nell’azzurro
acquacielo
ci lasciamo inosservare
dalla cadenza del mare.

Siamo suono e silenzio,
ruggito e respiro,
attesa e divinazione.



Il cielo di oggi


Da questa finestra
ho visto l’autunno
sbracciarsi,
e poi sfogliarsi
dentro di me.

In certe giornate
inconquistabili
ogni sguardo
è un addio.












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