“Il cielo di oggi”
Incontri Editrice, 2014
Nel cielo di oggi
Non
all’uomo senza qualità musiliano, all’individuo che si scompone e si lacera
divenendo molteplice, ma a chi sa guardare e osservare con l’ottica di Saramago
(“se puoi guardare, osserva”) è rivolto il corpus poetico di Roberto Alperoli in
brevi sentenze monologanti, piccoli quadri d’esistere, appena velati di
melanconia “nell’orfanità / dell’esserci”, dipinti come scatti dell’io, di un
io-impressione a “folate di silenzi” e di luce “immensa e commossa”, offrendosi
in osmosi sinestetica come poeta del sé.
Il “senziente” chiuso in un ‘bisbiglio’ di silenzio - “sono rimasto l’unico /
ad affollare / il silenzio del mare” - tra le nebbie del mattino, con lo
sguardo incantato sulla tavolozza della mente, come a voler permeare di sé il
mondo, a possederlo nell’anima. L’uomo che s’inciela, “pur immersi nell’azzurro
/ acquacielo”, nel tocco lieve del pittore Capucci (illustratore del libro), in
un canto di volti a occhi semichiusi, cullato da cromie esistenziali. Smuovono
appena il soliloquio le folate dei platani, i fruscii della luce, i colori della
neve su cui il poeta indugia con una forma levigata e stringente in assonanze
fonico-concettuali e ossimori pregnanti: “siamo suono e silenzio, / ruggito e
respiro / attesa e divinazione”. La voce vera del poeta “rincantucciato / nelle
slabbrature del tempo” ricerca, come in
sogno, quella degli ‘antichi’ padri, la voce profonda dell’io che si fa bambino,
“il tempo immenso / del bambino” per vivere la sua dimensione umana pur nell’ “inverno”
dominante del tempo.
Grazia Di Lisio
(Teramo 26.09.2015)
Il bambino
C’erano
solo i filari
di
gelo e di brina,
e
i fossi,
e il tempo immenso
del
bambino
che
guarda l’aria
come
un mistero
soltanto
suo,
un
segreto nascosto
nella
cavità
del
suo nome.
Il padre
Starei
qui
rincantucciato
nelle
slabbrature
del
tempo
a
rimirare stordito
l’inverno
davanti a me,
le
deserte sue parole
e
quel vagare di pensieri
immobili
che
portano mio padre
nella
mia notte senziente.
La madre
È
tanto tempo
che
non mi manchi più,
che
non mi chiami;
eppure
sei stata tu
la
mano del mio principio,
l’assunto
abbagliante
del
mio dolore;
finivo
in te,
in
te mi salvavo.
E
adesso che sono qui, salvo,
non
so più dove morire.
La neve, la luce, il mare
Immersi
nell’azzurro
acquacielo
ci
lasciamo inosservare
dalla
cadenza del mare.
Siamo
suono e silenzio,
ruggito
e respiro,
attesa
e divinazione.
Il cielo di oggi
Da
questa finestra
ho
visto l’autunno
sbracciarsi,
e
poi sfogliarsi
dentro
di me.
In
certe giornate
inconquistabili
ogni
sguardo
è
un addio.
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