Louis
Luigi
D’Alessio
RPlibri, 2017
L’opera, si apre con un prologo, un moderno proemio che polarizza, sin dall’immediato, l’interesse del lettore sul rapporto dialogico tra un io narrante anonimo e un io narrato che ha nome Louis, il soggetto agente, di cui si parla al passato, cui è demandato l’onere di esistere in un quando doloroso, in un mondo vedovo, vagando “da un bar a un bar” a innamorarsi “per nullafacenza” di bariste e badanti russe delle quali non s’innamora, leggendo la poesia di Eliot , di Montale, della Rosselli, ascoltando musica di Mahler, Beethoven, Chopin, Miles Davis, per poi rivelare che lui, della musica, ascolta “il fruscio”.
Ma
la vera protagonista è un’assenza, una lei che non ha nome e molti nomi epici, è
Clizia, Fedra, Selene, persino un Odisseo al femminile cui sono indirizzati versi,
lettere non scritte da “un Calipso” che dispera il suo ritorno.
L’autore
maneggia le parole con la perizia di una merlettaia di lungo corso che, con
dita agili e sicure, intreccia centinaia di fuselli, esegue nodi, legature,
getti, punta con precisione ogni spillo.
Ne
risulta un tessuto narrativo compatto, coerente, inoppugnabile.
Un
dettato in cui, tratti meditativi, tensione lirica, riflessioni sapienziali raggiungono
apici altissimi per poi lasciarsi stemperare dallo sguardo ironico, talvolta canzonatorio,
dell’io narrante.
Una
scrittura alta, dunque, che seduce e convince per le oscillazioni fra memoria e
visione sapientemente calibrate, per la salda aderenza al proprio centro d’ispirazione. Questo Louis è "necessario" come afferma, a ragione, Valentino Fossati nella sua accuratissima postfazione, necessario all'autore l'artificio che consenta l'affondo nell'intimo guardandosi da fuori, necessario al lettore che, se Louis non fosse stato scritto, ne sentirebbe la mancanza.
Maria Grazia Di Biagio
*
Louis
fumava
sempre
una sigaretta
prima
del caffè.
Ma
quella mattina Louis
mentre
con la sigaretta
attendeva
di entrare al bar
mi
disse di averla vista
col
giornale a un tavolino.
Louis
parlava chiaro:
sostenne
di averla vista
ma
non c’era.
*
Louis
per agevolarsi
sul
lavoro
–
restaurava l’inconscio,
mi
disse stava leggendo
solo
quelle poesie in cui
il
primo verso era
espresso
dall’ultimo.
Louis
mi sorprese molto.
Louis
mi fece riflettere
sul
perché nella realtà
la
fine non corrisponde
mai
all’incipit.
*
Louis
era molto dubbioso
sul
Sempre. Preferiva l’Oltre.
Si
salutarono
per
l’ultima volta.
Louis
mi disse
che
ci fu un’altra ultima volta.
Louis
aggiunge che
ci
fu un’ulteriore ultima volta
della
penultima volta.
Allora
Louis si chiese
che
senso avesse l’eternità.
*
*
Louis
si innamorò
di
una badante russa.
Ma
non mi innamorai, disse Louis.
L’ho
vista sulla panchina
leggere
Gor’kij e ho pensato
che
il futuro può essere una occorrenza
un
bisogno – disse Louis
del
presente.
*
A
proposito di nomi
Louis
era convinto
che
Alfredo, Vincenzo, Gennaro
avessero
il nome degli Alfredi
Vincenzi,
Gennari.
Louis
me lo disse perplesso:
una
sua amante di nome Aurora
fini
con è subito sera.
Poi
Louis si convinse
che
tutto è coerenza:
un
verso come il nome
giustifica
la poesia.
*
Louis
mi disse ma non disse niente.
Louis
si spostò in avanti
io
rimasi alla ringhiera come se lui
si
stesse guardando di spalle. Poi Louis
mi
offrì una sigaretta.
Per
favore non muoverti da qui
bada
tu al mare – mi disse Louis
io
mi devo occupare del silenzio
di
chi conosce il canto delle sirene.
Positano,
Il San Pietro
4
ottobre 2017.
(Credo si pensi per baluginii di
azioni.
Me ne accorgo dopo che ho scritto
senza scriverti. La scrittura a me
mia,
intimamente diretta a te, alla
lettura
mi fa spettatore di un inatteso
replay
senza ricordare il dettato cui mi
aveva sottoposto
una sconosciuta volontà
di tue gambe le tue
con la conseguenza dei seni quel neo
isola mattutina nell’arcipelago della
schiena.
Credo di pensarti impiegando un tempo
intervallo.
Che anziché situarsi tra due tempi,
come
tra un primo e secondo atto
in cui l’intervallo è il presente di
sé, qui invece
la pausa coagula tutto in un pretesto
di eventi mancanti:
una febbrilità nella voce, due
polpastrelli
alla circonferenza oblubinata di un
orecchio
il dorso della mano sul pelo
dell’acqua e
grana la pelle all’ingresso dei
glutei.
Un tempo insomma simile all’attimo
tra lo squillo e il pronto. Dove la
sospensione
predomina e d’improvviso persiste
alla voce,
di un qualsiasi Mi manchi
dal telefono giungesse o giungerebbe
...)
*
Louis
quando si innamorava
era
un disastro.
Non
che lo dica io, veniva
affermato
da Louis stesso
con
vari esempi di scritture
del
tipo – mi fece leggere Louis
Io.
Tu. Noi.
Noi.
Tu. Io.
Dove
tu dove io
non
so.
*
Louis
alla fine Louis
fotografava
mosche
Louis
non che fotografasse mosche
ma,
come dire, Louis
fotografava
mosche, Vedi?
mi
disse Louis
mostrando
la foto di una pagina
volevo
adagiarmi sul suo corpo,
i
capelli le labbra
ricordare
dalle dita ai piedi,
e
una mosca
si è posata sul suo corpo.
si è posata sul suo corpo.
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