mercoledì 2 maggio 2018

L'Amore e l'Eros: Quattro poesie da "Il battente della felicità" di Valeria Di Felice




Valeria Di Felice, nata a Nereto (Te) nel 1984, fonda nel 2010 la casa editrice Di Felice Edizioni.
Ha pubblicato il saggio Uomini tra realtà e immaterialità (2007), l’audiolibro Nudi abissi (2011) e le sillogi L’antiriva (2014) e Attese (2016). Le sue poesie sono state tradotte in arabo da Reddad Cherrati e in romeno da Geo Vasile e sono state pubblicate in Marocco (2012), negli Emirati Arabi (2015), in Romania (2016), in Palestina e Giordania (2017).

Nel 2016 ha curato l’antologia poetica La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre, nel 2017 il volume Alta sui gorghi. Miscellanea di critica e poesia.







Con disegni di Gigino Falconi































Dalla sez. SULLO SCHIENALE DEL MARE




2.


Devo farlo ora – mi dico –
scegliere la fonte del sorriso

la perla cullata nella bocca
della gioia.

Devo darlo – ora – un bacio al tuo bacio,
la piuma scarlatta scivolata
sulla levità del mondo,
il guanto bianco accovacciato 
sulle rive dell’altro.




4.


Stammi dentro. Con il sorriso.
Addosso. Stretto. Cucito alla mia pelle.

In silenzio. Sdraiato sull’ala della giovinezza
perché possa sentire il brivido del volo.

Stammi accanto. Molto vicino. Senza fare ombra alla mia,
ché  possa trovare da sola la luce di esser donna.

Intorno. Nel  respiro. Nel pensiero.
A trattenere la paura, ché non possa più fuggire
da questa landa di felicità.

Stammi. Decidi tu dove.
Il come è già accaduto.

Gigino Falconi




Dalla sez. IL BATTENTE DELLA FELICITÀ







11.


Non muovere le mani
ora che i tuoi palmi sono coppe
su cui cola un singhiozzo di piacere.

Non muovere le mani
ora che le dita sono rose dischiuse
sul mio altare,
battente la cantilena ancestrale.

Di bocca in bocca
il vento ha ululato
parole notturne scavando
nel pozzo dei desideri.

Di carne in carne
il respiro si è fatto unisono
generante orienti e melodie
d’altri mondi.






16.


Beve il seno
l'idra disciolta
della tua lingua,
il capezzolo di colpo
fattosi guardiano eretto -
stordito dalla risacca della tua bocca.
                                                               
Beve il corpo
non più l'oscurità concava dell'assenza
ma luce notturna – convesso giorno – che si addensa
intorno all'immensità delle stelle.

Beve, beve questo incontro
la bianca spuma che giace al fondo
tornata a riva sulla cresta della sua onda
con l'arcana verità del venire al mondo.


Gigino Falconi

















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