Dalla prefazione di Dacia Maraini
a
“Evitare il contatto con la luce” Edizioni Lepisma 2005
Il disagio psichico entra in scena
prepotente nella prima parte di questa raccolta di poesie di Maria Marchesi e
frasi come “le punte acuminate dei coltelli”, che è anche il titolo della
sezione d’esordio, o “un sordo rancore contro il mondo”, parlano di ragioni
dolorose che si sono perdute nella memoria, o che si sono volute perdere, nel
difficile cammino del ricordo.
“Le mie ragioni si sono perdute. /
Se piango aggravo la mia condizione: / a ogni parola, a ogni gesto aumenta il
sospetto / dello psichiatra / che giudica e manda”.
Come il Minòs dantesco lo
psichiatra stabilisce e ordina, prescrive “ancora valium e catene” e allora
altro non rimane che inchinarsi “al male che preme / dal fondo dello stomaco”.
Ma il percorso poetico di Maria
Marchesi non si ferma al racconto del dolore che invade l’anima e diventa
discorso attento e appassionato sul rapporto tra poesia e vita: “Rimugino
rimugino poesia / per salvarmi dal flaccido sbavare / dell’aridità fattasi mani
d’uomo. / Così sia”.
[…]
“Tutti dicono: la vita! La vita! /
E io non sono riuscita / mai a incontrarla. / Ma c’è?
Esiste? Dove vive?”, si chiede
Maria Marchesi quasi a chiusura della sua raccolta di poesie. E se ancora una
volta appare grande il male di vivere e tanti sono gli interrogativi a cui i
versi non riescono a dare risposta, tuttavia caparbiamente, parola dopo parola,
sembra imporsi la speranza. È una energia sotterranea, quella della parola
poetica, capace di trasformare un numero infinito di debolezze in una forza
vitale e inarrestabile.
Dacia Maraini
M’INCHINO AL MALE
Ben disposti silenzi
dice
Zanzotto
indisseppellibili
e silenzi
la cui soluzione strama
verso acuminate cime
d’alberi di vento.
M’inchino al male che preme
al fondo dello stomaco
negli occhi
saetta una vipera inquieta
che va spegnendo stelle.
RIMUGINO POESIA
Rimugino rimugino poesia
rimugino rimugino.
La poesia che dev’essere capita da
tutti,
bianchi e neri, analfabeti e
giudici,
imbecilli e cinesi.
Da tutti recepita da tutti letta
con più assiduità di qualsiasi giornale.
Da tutti da tutti
da tutti capita smarrita enfasi
smarrita estasi
smarrita circostanza
danza del nulla dell’indifferenza
del mio essere una e indivisibile
danza fanciulla
danza del nulla che crea misfatti
e ghirigori nel pieno dei connubi
che scavano l’infinito per farne
diademi.
Danza dell’inesistente che esiste,
mania che accelera l’ingordigia di
Narciso,
ginepraio che si divincola e
sbraita
dilagando sui ciclamini
dell’esuberanza.
maniacale verginità, purulenza,
smarrimento, morta sciocchezza.
Rimugino rimugino poesia
per salvarmi dal flaccido sbavare
dell’aridità fattasi mano d’uomo.
Così sia.
LA VITA CI PARRA’
Annoto ciò che bisogna
dimenticare,
prendo possesso della mia assenza.
Chi mai leggerà gli appunti?
Comunque
non escludo che un giorno
potremo tramutarci in libri,
allora
prenderemo coscienza delle troppe
perdite,
vedremo con chiarezza se ci sarà
un traguardo.
SOTTRAZIONE
All’improvviso mi manca il corpo
e l’anima se ne va sopra un
campanile
così alto che ho paura a guardare.
Sono in una piazza sconosciuta,
attorno a me parlano una lingua
incomprensibile. Mi è sfuggito
il me che s’incantava al diverso,
non mi resta che sottrarmi
all’impatto,
giocare la carta della smemorata.
Nessun commento:
Posta un commento